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business plan per associazioni no profit

Guide Non Profit

Enti non profit: perchè fare un business plan.

Enti Non Profit: perchè fare un business plan?

Cos’è uno studio di fattibilità (o business plan)

Il piano di fattibilità (o business plan ) è lo strumento per eccellenza (gli altri sono l’intuito e la dea bendata) che può permettere scientificamente, con un "rischio calcolato", ad un'idea teorica di divenire progetto "sulla carta", da perseguire poi in quanto sostenibile e “fattibile” anche sul piano economico e finanziario .

Si deve poggiare su rigore scientifico e metodologico , quindi deve esistere a monte un modello teorico da applicare ed utilizzare al fine di “misurare” l’idea progettuale (o project idea).

Perché realizzare un business plan

Ritenere il valore ideale ed etico (stiamo sempre parlando di Enti senza fine di lucro , ispirati per definizione da una finalità ideale in assenza di possibile distribuzione di utili ) sufficiente per intraprendere un progetto, investendo tempo (spesso molto) e denari (solitamente ancor di più) rappresenta un grave errore , in quanto è necessario quantificare con anticipo in via preliminare le risorse economiche minime per garantire la sostenibilità del progetto oltreché il punto di pareggio per l’ equilibrio economico dell'iniziativa posta in essere. Questo anche per poter decidere (legittimamente, ma a posteriori e con cognizione di causa) di operare magari "in perdita" per un lasso di tempo contenuto, con la copertura del disavanzo già stimata e dunque in qualche modo "gestita", senza ricevere brutte sorprese in occasione dell'annuale approvazione dei rendiconti economico - finanziari.

Cos’è l’equilibrio economico

Anche per un Ente Non Profit l’ equilibrio economico si può facilmente individuare comparando i ricavi (le entrate, verificate o stimate in un periodo di tempo definito) e le uscite (nello stesso periodo temporale), lasciando al di fuori (ma solo per il momento) i flussi finanziari (ad esempio il costo relativo all’acquisto una tantum delle attrezzature). Seguendo lo stesso esempio, occorrere poi determinare un costo di manutenzione e di ammortamento (spesso un valore significativo da armonizzare) per poter stimare il raggiungimento di un vero e proprio equilibrio finanziario . In altri termini un conto è raggiungere il punto di pareggio in funzione delle spese correnti, un altro è quello di tenere conto anche di tutti gli investimenti necessari (sia effettuati con soldi propri, a maggior ragione se si è ricorso agli Istituti di credito) per ripartire o per continuare a rimanere in adeguata “velocità di crociera”.

Perché utilizzare questi termini nel settore del non profit

Lo scandalo non sta nella rigorosa applicazione di un modello economico virtuoso anche in questo comparto ideale e solidale , quanto nel pensare che siccome il fine non è economico può essere possibile evitare analisi preventive, con il rischio del tutto concreto (che ogni giorno verifichiamo , purtroppo) non solo di una navigazione lenta e difficoltosa, ma spesso di una gestione inefficace e negativa, peggio ancora se per ragioni sconosciute. Quindi impossibile da ottimizzare, tanto meno da raddrizzare con rapidità, perché senza riscontri e analisi si “naviga al buio” o, peggio ancora, a caso.

Mi sono trovato spesso a rispondere a molti autorevoli interlocutori che “ il metodo non va confuso con la nobiltà d’animo ”. Posso anche scegliere (fortunatamente) di non ambire ad un vantaggio economico personale , ma non per questo posso utilizzare tale giustificazione per legittimare che l’Ente che presiedo possa essere gestito senza metodo. Posso accettare le perdite, coprirle, ma non è accettabile lo stupore. Tanto meno il ricorso a pratiche per così dire “ bizzarre ”, magari celandosi dietro ad un " tanto sono non profit "...

Business Plan fondamentale così come la comunicazione/promozione/pubblicità delle proprie attività

Già … è lo stesso ragionamento riguardo la facoltà, per un Ente Non Profit ( Associazione o Società Sportiva che sia), di comunicare. Certo che ha l'opportunità e la facoltà di " farsi pubblicità " (e ci mancherebbe altro!), certamente utilizzando anche al massimo i vantaggi del senso estetico e quelli di una comunicazione assertiva. Chi sostiene che un Ente senza finalità di lucro non possa comunicare, o sia legittimato a farlo solo in modo scadente, è persona che ignora. Ciò che però è ovviamente indispensabile è che sul piano formale e sostanziale la comunicazione sia sempre ispirata alle finalità ideali e non economiche che devono muovere un Ente Non Profit , con tutti gli esempi virtuosi del caso.

Quindi certo che un' associazione ( culturale o sportiva che sia, piuttosto che un "prossimo" Ente del Terzo Settore oppure una Società Sportiva Dilettantistica ) può fare pubblicità a se stessa, perchè la comunicazione non può essere al solo servizio degli enti con finalità di lucro! Il problema è il "come"! Allo stesso modo " fattibilità " e " sostenibilità " sono termini assolutamente coerenti anche per gli enti non profittevoli. Il metodo di analisi scientifico fa sempre la differenza, unito alle competenze, anche per gli Enti Non Commerciali !

Vedi tutte le GUIDE

Nonprofit Business Plan Template

Negli ultimi 20+ anni, abbiamo aiutato oltre 25.000 organizzazioni nonprofit a creare business plan per avviare e far crescere le loro organizzazioni nonprofit. In questa pagina, vi daremo prima alcune informazioni di base sull’importanza della pianificazione aziendale. Poi esamineremo passo dopo passo un modello di business plan per le organizzazioni non profit in modo che tu possa creare il tuo piano oggi stesso.

Cos’è un business plan non profit?

Un business plan non profit descrive la tua organizzazione come esiste attualmente (che potrebbe essere solo un’idea se sei una startup) e presenta una road map per i prossimi tre-cinque anni. Espone i vostri obiettivi, le sfide e i piani per raggiungere i vostri obiettivi. È un documento vivo che dovrebbe essere aggiornato frequentemente. È particolarmente importante creare/aggiornare il vostro business plan annualmente per assicurarsi che il vostro nonprofit rimanga sulla strada giusta per realizzare con successo la sua missione.

Di seguito sono riportate le sezioni chiave da includere nel vostro business plan nonprofit.

Sommario esecutivo

Anche se normalmente viene scritto per ultimo, il vostro sommario esecutivo fornisce un’introduzione al vostro intero business plan. La prima pagina dovrebbe descrivere la missione e lo scopo del vostro no-profit, riassumere la vostra analisi di mercato che dimostra un bisogno identificabile, e spiegare come il vostro no-profit soddisferà quel bisogno.

Per quanto riguarda la vostra Mission Statement, questa è particolarmente importante per le no-profit. Aiuta a comunicare il vostro scopo, la comunità o il gruppo di persone che beneficia e come li aiuterete. Ogni azione o decisione che prendete nel vostro no-profit dovrebbe favorire e riferirsi alla vostra dichiarazione di missione.

Perché è la prima cosa che i lettori esamineranno, prendetevi il tempo per rendere il vostro Executive Summary convincente. A differenza di un’attività a scopo di lucro che potrebbe far guadagnare ai lettori dei ritorni finanziari, un’attività senza scopo di lucro ha bisogno di convincerli a fare la cosa giusta nel sostenere il no-profit; il che è spesso una richiesta più difficile. Quindi, dato che il tipico formato del business plan nonprofit prevede che il sommario sia il primo, assicuratevi che esso entusiasmi i lettori e li costringa ad approfondire le sezioni successive.

Panoramica dell’organizzazione

In questa sezione del tuo business plan, dovresti spiegare il tipo di NPO che sei o sarai. I tipi di NPO sono elencati qui sotto. 501(c)(3) è il tipo più popolare.

Se siete una startup NPO, spiegate la storia della vostra visione per iniziare la NPO in questa sezione. Spiegate le questioni che vi hanno fatto decidere di iniziare il vostro no-profit.

Se siete una NPO stabilita, usate questa sezione del vostro piano per discutere la vostra storia. Per esempio, quando avete iniziato la NPO? Quali pietre miliari avete raggiunto. I risultati passati sono il miglior indicatore del successo futuro. Quindi, usate questa sezione per spiegare i vostri risultati passati. In questo modo i lettori del vostro piano saranno entusiasti.

Tipi di NPOsCi sono diversi tipi di organizzazioni non profit. Queste sono categorizzate dalla sezione 500(c) dell’IRS per scopi esentasse. Elencate di seguito, sono alcune delle sezioni frequentemente archiviate:

Società formate sotto atto del Congresso. Un esempio è la Federal Credit Unions.

Società holding per organizzazioni esenti da tasse. Questo gruppo detiene la proprietà per il gruppo esente.

Questo è il tipo più popolare di NPO. Esempi sono le organizzazioni educative, letterarie, caritatevoli, religiose, di pubblica sicurezza, le competizioni sportive dilettantistiche internazionali e nazionali, le organizzazioni impegnate nella prevenzione della crudeltà verso gli animali o i bambini, ecc.

Le organizzazioni che rientrano in questa categoria sono o una fondazione privata o una carità pubblica. Esempi includono Getty Foundation, Croce Rossa, Easter Seals, ecc.

Esempi includono gruppi di assistenza sociale, leghe civili, associazioni di dipendenti, ecc. Questa categoria promuove la carità, il benessere della comunità e gli obiettivi ricreativi/educativi.

Le organizzazioni orticole, di lavoro e agricole vengono classificate sotto questa sezione. Queste organizzazioni sono istruttive o educative e lavorano per migliorare i prodotti, le condizioni di lavoro e l’efficienza.

Esempi includono consigli immobiliari, leghe commerciali, ecc. Lavorano per migliorare le condizioni degli affari.

Circoli ricreativi e sociali che promuovono il piacere e le attività rientrano in questa categoria.

Le associazioni e società beneficiarie fraterne appartengono a questa sezione.

Le associazioni beneficiarie volontarie dei dipendenti che forniscono benefici, incidenti e pagamenti sulla vita ai membri fanno parte di questa sezione.

Prodotti, programmi e servizi

Questa sezione fornisce informazioni più dettagliate su cosa fa esattamente la vostra organizzazione non profit. Quali servizi offrite? Quali programmi offrite? In che modo la tua organizzazione no-profit beneficia la comunità? Quale bisogno soddisfa la vostra organizzazione e quali sono i vostri piani specifici per soddisfare tale bisogno in futuro?

Documentate le vostre offerte in questa sezione del vostro piano.

Analisi del settore

L’analisi del settore è uno dei componenti chiave del vostro piano nonprofit. Questa sezione del vostro business plan no-profit discute l’industria in cui state operando. Per esempio, se la vostra no-profit fornisce istruzione ai bambini, dovreste fornire qui informazioni sull’industria dell’istruzione. Quanto è grande il mercato? Quale segmento di mercato state servendo? Ci sono tendenze industriali che stanno cambiando il mercato? Documenta le risposte a queste domande qui.

Analisi dei clienti e del mercato

La sezione dell’analisi dei clienti del tuo piano deve prima identificare il segmento di clienti chiave che la tua ONP serve. Per esempio, servite bambini svantaggiati? O giovani madri in crisi? O animali trascurati?

Chiunque voi serviate, identificateli e poi fornite dettagli su di loro. Quanti ce ne sono nella regione geografica che intendete servire? Quali sono i loro bisogni? C’è qualcuno che attualmente soddisfa questi bisogni, e se sì, cosa sta facendo bene e dove è carente.

Piano di marketing

Un non-profit deve avere un forte piano di marketing per raggiungere i suoi clienti target. Basa il tuo piano di marketing sulle quattro P: Prodotto, Prezzo, Luogo e Promozione. La sezione Prodotto include ogni articolo, servizio o programma che fornisci. Il prezzo dettaglia i costi di tutto ciò che vendi. Il luogo è la vostra posizione fisica, la presenza sul web, e/o i canali di distribuzione di terzi. La promozione è il modo in cui farai in modo che le persone comprino i tuoi prodotti e servizi e donino alla tua causa.

Per quanto riguarda le promozioni, documentate le tattiche promozionali che userete come le seguenti:

  • distribuzione di volantini
  • email marketing
  • pubblicità su stampa e online (specificando i mezzi di comunicazione specifici che utilizzerete)
  • pubblicazione sui social media
  • costruzione, gestione e promozione del tuo sito web
  • partnership con altre organizzazioni
  • organizzazione di eventi comunitari

Piano operativo

Il tuo piano operativo spiega come raggiungerai gli obiettivi dettagliati in precedenza nel tuo business plan.

Suggeriamo di avere due sottosezioni qui: 1) processi quotidiani a breve termine e 2) processi a lungo termine

I processi quotidiani a breve termine sono i compiti quotidiani coinvolti nella gestione della vostra organizzazione non profit. Questi spesso includono l’esecuzione di programmi e l’offerta di servizi ai vostri elettori.

I processi a lungo termine sono i modi in cui raggiungerete gli obiettivi di crescita della vostra organizzazione, come l’espansione in nuove aree geografiche o la fornitura di nuovi servizi. Qui suggeriamo di creare un grafico che mostri i vostri piani di espansione nei prossimi cinque anni.

Squadra di gestione/struttura organizzativa

La squadra di gestione e la struttura organizzativa sono estremamente importanti per una no-profit. Descrivi il background e le competenze del tuo team e dei membri del consiglio. Parla del tuo comitato consultivo, se ne hai uno. Spiega i diversi livelli di gestione, gli sponsor finanziari e gli altri attori chiave. Disegnate un organigramma che mostri le diverse catene di comando e stimate il vostro fabbisogno attuale e futuro di personale.

Per quanto riguarda un consiglio di amministrazione o un consiglio di consiglieri, la creazione di un tale consiglio è consigliabile per le organizzazioni non profit. I membri del consiglio non solo possono fornire guida ed esperienza, ma sono generalmente estremamente utili nel processo di raccolta fondi.

Piano finanziario

Anche se non stai cercando di realizzare un profitto, un piano finanziario è una parte cruciale del tuo business plan poiché devi assicurarti di avere abbastanza capitale per finanziare le tue spese.

Delinea le tue diverse fonti di finanziamento. Spiega tutti i prestiti esistenti o altri debiti. Presenta i tuoi futuri rendiconti finanziari, bilanci e conti economici. Descrivete i vostri piani di raccolta fondi e identificate le lacune nei vostri finanziamenti. Fornire una chiara spiegazione di come i fondi saranno distribuiti tra i vari progetti. Rivelare qualsiasi stipendio percepito dai membri dell’organizzazione.

Se siete una startup NPO, non dimenticate nessuno dei seguenti costi:

  • Registrazione della NPO
  • Permessi e licenze
  • Servizi contabili e legali
  • Spese di promozione del marketing
  • Costi di assicurazione
  • Affitto e utenze
  • Telefono/internet
  • Salari dei dipendenti
  • Mobili e tecnologia (computer, stampanti, ecc.)
  • Costruzione e hosting di un sito web

L’appendice è dove allegherete qualsiasi documentazione per provare meglio le vostre richieste. Questi documenti varieranno ampiamente a seconda della natura esatta del tuo non-profit, ma dovrebbero sempre includere le tue proiezioni finanziarie complete, il materiale promozionale e il tuo rapporto annuale più recente, se applicabile.

Suggerimenti utili per il business plan

Di seguito troverai dei suggerimenti per la creazione di alcune sezioni del tuo business plan non-profit:

Scrivere la sezione del team di gestione del tuo business plan no-profit

Scrivere la sezione delle operazioni del tuo business plan no-profit, scrivere la sezione dell’analisi del cliente del tuo business plan no-profit, scrivere la sezione dell’analisi del del tuo business plan nonprofit, scrivere il sommario esecutivo del tuo business plan nonprofit, come finire il tuo business plan nonprofit in 1 giorno.

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  • Business Plan per progetti No Profit

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Realizzare un business plan per lanciare un progetto no profit è il primo passo per garantirne il rapido successo.

L’Italia è uno dei paesi con il più alto numero di associazioni no profit e volontari in Europa e nel mondo. Grazie alla sua fitta rete di organizzazioni religiose e laiche è in grado di supportare i servizi di welfare messi a disposizione delle politiche sociali dello Stato.

Le organizzazioni no profit costituiscono inoltre una porzione importante e crescente del PIL, rappresentando forme di attività imprenditoriali e offrendo opportunità di impiego e crescita professionale.

Come tali non si basano solamente sulla buona volontà di chi le pensa e le realizza, ma, analogamente ad un progetto imprenditoriale o start up, hanno bisogno di partire da un vero e proprio Business Plan, che spesso rappresenta il punto di partenza per la raccolta di fondi e investimenti.

Ecco alcuni spunti per la stesura di un Business Plan sintetico ed efficace:

1) definizione della missione: cosa si vuole realizzare e a chi sono i rivolti i servizi del progetto. L’ideale è accompagnare la descrizione del progetto con un motto (ad esempio: Ogni persona, una promessa” è lo slogan della società cooperativa sociale “La Strada” che opera a Milano)

2) alcuni esempi di progetti già realizzati (persone o gruppi già aiutati dagli associati, che nel tempo hanno sentito l’esigenza di trasformare singoli gesti di volontariato in attività strutturate e continuative)

3) descrizione dettagliata dei servizi: supporto economico, medico, psicologico, educativo ecc

4) sede e luoghi in cui si svolgono le attività

5) stima dei costi fissi (ad esempio sede, personale impiegato ecc) e variabili (pasti, documenti ecc)

6) descrizione delle modalità di raccolta fondi previste per il mantenimento delle attività future (ad esempio Crowd Funding)

7) descrizione delle modalità di comunicazione del progetto: volantini, passaparola, social network ecc

Tutte queste attività aiutano ad aver chiari obiettivi e direzione da seguire per portare i migliori risultati di un progetto no profit.

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Budget spese adv: anno nuovo, tempo di budget

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La Guida Completa alla Scrittura di un Piano di Business Nonprofit

Pubblicato da admin il febbraio 14, 2021.

Le statistiche del National Center for Charitable Statistics (NCCS) mostrano che ci sono oltre 1,5 milioni di organizzazioni nonprofit che operano attualmente solo negli Stati Uniti. Molte di queste organizzazioni stanno lavorando duramente per aiutare le persone bisognose e affrontare i grandi problemi del nostro tempo. Tuttavia, fare un buon lavoro non si traduce necessariamente in successo a lungo termine e stabilità finanziaria. Altre informazioni hanno mostrato che circa il 12% delle organizzazioni non profit non supera i 5 anni, e questo numero sale al 17% al traguardo dei 10 anni.

Il 12% delle organizzazioni non profit non supera i 5 anni e il 17% al traguardo dei 10 anni

Ci sono diverse sfide dietro queste statistiche sconfortanti. In molti casi, un nonprofit può essere affondato prima di iniziare a causa della mancanza di un forte business plan nonprofit. Di seguito una guida completa per capire perché un nonprofit ha bisogno di un business plan e come costruirne uno, pezzo per pezzo.

Lo scopo di un business plan nonprofit

Un business plan per un nonprofit è simile a quello di un business plan for-profit, in quanto si vuole che serva come una chiara e completa roadmap per la vostra organizzazione. Quando il vostro piano è completo, domande come “quali obiettivi stiamo cercando di raggiungere?” o “qual è il vero scopo della nostra organizzazione?” dovrebbero essere chiare e semplici da rispondere.

business plan per associazioni no profit

Il vostro business plan non profit dovrebbe fornire risposte alle seguenti domande:

1. Quali attività avete intenzione di perseguire per raggiungere gli obiettivi di alto livello dell’organizzazione?

2. Qual è il vostro piano per ottenere entrate per finanziare queste attività?

3. Quali sono i vostri costi operativi e in particolare come sono ripartiti?

Nota che c’è una differenza tra un business plan e un piano strategico, anche se ci può essere qualche sovrapposizione. Un piano strategico è più concettuale, con diverse idee che avete in atto per cercare di soddisfare la visione più grande dell’organizzazione (come combattere i senzatetto o aumentare la consapevolezza del cambiamento climatico). Un business plan serve come piano d’azione perché fornisce, nel modo più dettagliato possibile, le specifiche su come eseguirete la vostra strategia.

Altra lettura

  • Qual è la differenza tra un business plan e un piano strategico?
  • Pianificazione aziendale per le organizzazioni non profit

Creare un piano aziendale non profit

Con questo in mente, è importante discutere le singole sezioni di un piano aziendale non profit. Avere un piano adeguato in un formato riconoscibile è essenziale per una serie di motivi. Per quanto riguarda il vostro business, fa in modo che il maggior numero di problemi o domande che potreste incontrare siano affrontati in anticipo. Per le entità esterne, come i potenziali volontari o donatori, mostra che il loro tempo e la loro energia saranno gestiti bene e messi a frutto. Quindi, come si passa dal concettuale al concreto?

Passo 1: Scrivere una dichiarazione di missione

Avere una dichiarazione di missione è essenziale per qualsiasi azienda, ma ancora di più per le organizzazioni non profit. I vostri indicatori di successo non sono solo come l’organizzazione si comporta finanziariamente, ma l’impatto che fa per la vostra causa.

Uno dei modi più semplici per farlo è creare una dichiarazione di missione. Una forte dichiarazione di missione chiarisce perché la vostra organizzazione esiste e determina la direzione delle attività.

business plan per associazioni no profit

In testa alla loro pagina etica, NPR ha una dichiarazione di missione che spiega chiaramente e concisamente perché esistono. Da questo si impara:

  • Il punto chiave della loro missione: creare un pubblico più informato che comprenda nuove idee e culture
  • Il loro meccanismo di esecuzione di questa visione: fornire e riportare notizie/informazioni che soddisfino i migliori standard giornalistici
  • Altri dettagli essenziali: la loro partnership con la loro dichiarazione di adesione

Dovresti puntare allo stesso livello di chiarezza e brevità nella tua dichiarazione di missione.

L’obiettivo di una dichiarazione di missione non è solo quello di essere in grado di mostrare le cose all’esterno, ma anche di dare al vostro team interno qualcosa per riallinearli se vanno fuori strada.

Per esempio, se state considerando un nuovo programma o servizi, potete sempre controllare l’idea rispetto alla dichiarazione di missione. Si allinea con il vostro obiettivo di livello superiore e con quello che la vostra organizzazione sta cercando di raggiungere? Una dichiarazione di missione è una bussola per guidare il tuo team e mantenere l’organizzazione allineata e focalizzata.

Step 2: Raccogliere i dati

Non puoi preparare il futuro senza alcuni dati dal passato e dal presente. Questi possono andare dai dati finanziari se siete già in attività ai finanziamenti assicurati se vi state preparando ad iniziare.

I dati relativi alle operazioni e alle finanze (come entrate, spese, tasse, ecc.) sono cruciali per il budget e le decisioni organizzative.

Vorrete anche raccogliere dati sul vostro donatore target. Chi sono in termini di reddito, demografia, posizione, ecc. e qual è il modo migliore per raggiungerli? Ogni azienda ha bisogno di fare marketing, e rispondere a queste domande demografiche è fondamentale per mirare al pubblico giusto in una campagna di marketing. Avrete anche bisogno di dati sui costi di marketing raccolti dal vostro software e strumenti di raccolta fondi, marketing e CRM. Questi dati possono essere estremamente importanti per dimostrare l’efficacia di una determinata campagna di raccolta fondi o dell’organizzazione nel suo complesso.

Poi ci sono i dati che le organizzazioni non profit raccolgono da fonti terze su come affrontare efficacemente la loro causa, come i dati condivisi da altre organizzazioni non profit e i dati dei governi.

Con la corretta raccolta e interpretazione dei dati di cui sopra, è possibile costruire il vostro nonprofit non solo per avere un impatto, ma anche garantire che l’organizzazione sia finanziariamente sostenibile.

Step 3: Creare uno schema

Prima di iniziare a scrivere il vostro piano, è importante avere uno schema delle sezioni del vostro piano. Proprio come un saggio accademico, è più facile assicurarsi che tutti i punti siano affrontati facendo prima l’inventario degli argomenti di alto livello. Se crei uno schema e scopri che non hai tutto il materiale di cui hai bisogno per riempirlo, potresti aver bisogno di tornare alla fase di raccolta dati.

Scrivere uno schema ti dà qualcosa di semplice da leggere che può essere facilmente distribuito al tuo team per un input. Forse alcuni dei tuoi partner vorranno sottolineare un’area che ti è sfuggita o un’area che ha bisogno di più sostanza.

Avere uno schema rende più facile per te creare un pezzo organizzato e ben scorrevole. Ogni sezione deve essere chiara da sola, ma non si vuole nemmeno essere troppo ripetitivi.

Come nota a margine, un’area in cui molti novizi del business si bloccano in termini di far decollare i loro piani è non sapere quale formato scegliere o iniziare. La buona notizia è che ci sono un sacco di risorse disponibili online per voi per trarre modelli dal vostro piano, o semplicemente per ispirarne uno vostro.

Utilizzare un modello di business plan

Potresti voler usare un modello come punto di partenza per il tuo business plan. Il vantaggio principale è che molto del lavoro di delineazione che abbiamo menzionato è già fatto per voi. Tuttavia, potreste non voler seguire il modello parola per parola. Un business plan no-profit può richiedere sezioni aggiuntive o parti che non sono incluse in un modello convenzionale di business plan.

Il modo migliore di procedere è cercare di concentrarsi meno sulla copia del modello, e più sul copiare lo spirito del modello. Per esempio, se vedi un modello che ti piace, puoi mantenere il contorno, ma potresti voler cambiare la combinazione di colori e il carattere per riflettere meglio il tuo marchio. E naturalmente, tutto il vostro testo dovrebbe essere unico.

Quando si tratta di aggiungere una nuova sezione a un modello di business plan, per la maggior parte, potete usare il vostro giudizio. Ci occuperemo di sezioni specifiche tra un po’, ma in generale, volete solo accoppiare la vostra nuova sezione con la sezione esistente che ha più senso. Per esempio, se la vostra non-profit ha vendite al dettaglio come parte di un piano finanziario, potete includerlo insieme alla sezione prodotti, servizi e programmi.

  • Free Nonprofit Sample Business Plans – Bplans
  • Non-Profit Business Plan Template – Growthink
  • Sample Nonprofit Business Plans – Bridgespan
  • Nonprofit Business Plan Template – Slidebean
  • 23+ Non Profit Business Plan Templates – Template.net

Sezioni del Business Plan Non Profit

Il contenuto esatto varia in base alle dimensioni, allo scopo e alla natura del vostro non-profit. Tuttavia, ci sono alcune sezioni che ogni business plan dovrà avere affinché investitori, donatori e finanziatori vi prendano sul serio. Generalmente, il vostro schema sarà costruito intorno alle seguenti sezioni principali:

Sommario esecutivo

Molte persone lo scrivono per ultimo, anche se viene prima in un business plan. Questo perché il riassunto esecutivo è progettato per essere un riassunto generale del business plan nel suo complesso. Naturalmente, può essere più facile scriverlo dopo che il resto del business plan è stato completato.

Dopo aver letto il vostro executive summary una persona dovrebbe idealmente avere un’idea generale di ciò che l’intero piano copre. A volte, una persona può essere interessata a conoscere la vostra non-profit, ma non ha il tempo di leggere un documento di oltre 20 pagine. In questo caso, il riassunto esecutivo potrebbe fare la differenza tra l’ottenere o meno un donatore importante.

Per cominciare, volete coprire il bisogno di base dei vostri servizi nonprofit, il motivo per cui esiste quel bisogno e il modo in cui pensate di affrontare quel bisogno. L’obiettivo qui è di raccontare la storia nel modo più chiaro e conciso possibile. Se la persona è convinta e vuole maggiori dettagli, può leggere il resto del vostro business plan.

Prodotti/Servizi/Programmi

Questo è lo spazio dove puoi chiarire esattamente cosa fa la tua non-profit. Pensate a come spiegare il modo in cui la vostra no-profit affronta il bisogno di base che avete esposto prima. Questo può variare molto in base al tipo di non-profit che stai gestendo.

business plan per associazioni no profit

Questa pagina ci dà un’idea dei meccanismi che la Bucks County Historical Society usa per promuovere la sua missione, che è “educare e coinvolgere i suoi molti spettatori nell’apprezzare il passato e aiutare le persone a trovare storie e significati rilevanti per le loro vite, sia oggi che in futuro.”

Compiono questo obiettivo mettendo insieme sia mostre permanenti che eventi regolari nel loro museo principale. Tuttavia, in un business plan non-profit, è necessario andare oltre.

E’ importante qui non solo spiegare chiaramente chi beneficia dei vostri servizi, ma anche i dettagli specifici di come questi servizi sono forniti. Per esempio, dire che “aiutate i bambini delle scuole del centro città” non è abbastanza specifico. State fornendo istruzione o supporto materiale? I lettori del vostro business plan non-profit hanno bisogno di quanti più dettagli possibile, usando un linguaggio semplice e chiaro.

Per avere successo, una non-profit deve avere un flusso costante di donatori e volontari. Il marketing gioca un ruolo chiave qui come in un business convenzionale. Questa sezione dovrebbe delineare chi è il vostro pubblico di riferimento e cosa avete già fatto o pensate di fare per raggiungere questo pubblico. Il modo in cui spiegate questo varierà in base alla fase in cui si trova la vostra non-profit. Divideremo questa sezione per renderla più chiara.

Nonprofit non in funzione

Ovviamente, è difficile commercializzare efficacemente un’idea se non sei in funzione, ma devi comunque avere un piano di marketing in atto. Le persone che vogliono sostenere la tua non-profit hanno bisogno di capire il tuo piano di marketing per attrarre i donatori. Devi tracciare un profilo di tutti i dati che hai sul tuo mercato di riferimento e delineare come pensi di raggiungere questo pubblico.

Nonprofit già in funzione

I piani di marketing differiscono notevolmente per le organizzazioni non profit già in funzione. Se la vostra organizzazione non profit è già in attività, volete includere anche i dati sul vostro mercato di riferimento, insieme ad altri dettagli chiave. Descrivi tutti i tuoi attuali sforzi di marketing, dagli eventi alla sensibilizzazione generale, ai tipi convenzionali di marketing come la pubblicità e i piani di e-mail. I dettagli specifici sono importanti. Alla fine di questo, il lettore dovrebbe sapere:

  • Quale tipo di metodi di marketing la tua organizzazione preferisce
  • Perché hai scelto questi metodi
  • Il track record di successo utilizzando questi metodi
  • Quali sono i costi e il ROI di una campagna di marketing

Questo è progettato per servire come il “come” della tua sezione Prodotti/Servizi/Programmi.

Per esempio, se il vostro obiettivo è quello di fornire materiale scolastico per i bambini dei quartieri poveri, avrete bisogno di spiegare come vi procurerete il materiale e lo distribuirete ai bambini che ne hanno bisogno. Di nuovo, i dettagli sono essenziali. Un lettore dovrebbe essere in grado di capire non solo come il vostro non-profit opera su base giornaliera, ma anche come esegue qualsiasi compito nel resto del piano.

Se il vostro piano di marketing dice che tenete eventi comunitari mensili per suscitare interesse. Chi è responsabile dell’evento? Come sono gestiti? Quanto costano? Quale personale o volontari sono necessari per ogni evento? Dove sono le sedi?

Questo è anche un buon posto per coprire ulteriori certificazioni o assicurazioni di cui la vostra non-profit ha bisogno per eseguire queste operazioni, e i vostri attuali progressi per ottenerle.

La vostra sezione operazioni dovrebbe anche avere uno spazio dedicato al vostro team. La ragione di questo, proprio come qualsiasi altro business plan, è che la forza di un’organizzazione sta nelle persone che la gestiscono.

business plan per associazioni no profit

Per esempio, guardiamo questo profilo di The Nature Conservancy. I punti principali della biografia sono di mostrare la storia lavorativa del Chief Development Officer Jim Asp in quanto è rilevante per il suo lavoro. Vorrai fare qualcosa di simile nella sezione del team del tuo business plan.

Altrettanto importante è assicurarsi di coprire qualsiasi cambiamento del personale che si prevede di attuare nel prossimo futuro nel tuo business plan. La ragione di questo è che gli investitori/partner potrebbero non voler firmare assumendo che un team di leadership sia sul posto, per poi cambiarlo quando il business raggiunge una certa fase.

Le sezioni di cui abbiamo parlato sarebbero anche in un business plan tradizionale per il profitto. A questo punto iniziamo a deviare un po’. La sezione dell’impatto è progettata per delineare il cambiamento sociale che avete intenzione di fare con la vostra organizzazione, e come le vostre scelte contribuiscono a questi obiettivi.

Ricordate i pensieri che vanno in quella dichiarazione di missione che abbiamo menzionato prima? Questa è la tua occasione per mostrare come pensi di affrontare quella missione con le tue azioni, e come pensi di monitorare i tuoi progressi.

Ripercorriamo l’idea di aiutare i bambini delle scuole di città fornendo materiale scolastico. Qual è esattamente la metrica che userete per determinare il vostro successo? Le imprese a scopo di lucro possono avere le loro finanze come KPI primario, ma non è così facile per le non-profit. Diciamo che la vostra missione è quella di fornire a 1.000 studenti di un distretto scolastico poco servito materiale per le loro classi. Il vostro piano di impatto potrebbe coprire due metriche:

  • Quante forniture vengono distribuite
  • Impatto secondario (miglioramento dei voti, lavoro in classe completato, ecc).

Lo scopo principale di questa sezione è quello di trasformare la visione in obiettivi concreti e misurabili. Un ottimo acronimo per aiutarvi a crearli sono gli obiettivi S.M.A.R.T. che sta per: specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e puntuali.

business plan per associazioni no profit

Vitamin Angels fa un buon lavoro nel mostrare come la loro azione supporti la missione. Il loro obiettivo di fornire vitamine a madri e bambini nei paesi in via di sviluppo ha un impatto concreto quando guardiamo i numeri di quanti bambini servono e in quanti paesi consegnano. Come business plan non-profit, è una buona idea includere statistiche come queste per mostrare esattamente quanto siete vicini ai vostri obiettivi pianificati.

Ogni no-profit ha bisogno di fondi per operare, e questa importantissima sezione spiega esattamente come pensate di coprire queste necessità finanziarie. Il vostro business plan può essere forte in ogni altra sezione, ma se la vostra pianificazione finanziaria è inconsistente, sarà difficile raccogliere credenti per la vostra causa.

È importante dipingere un quadro completo e positivo dei vostri piani e ambizioni di raccolta fondi. Generalmente, questo comporta le seguenti parti:

  • Stato finanziario attuale, come le attività correnti, la liquidità, le passività
  • Proiezioni basate sui vostri dati finanziari esistenti e sui moduli
  • Documenti finanziari chiave, come lo stato patrimoniale, il conto economico e il foglio dei flussi di cassa
  • Per quanto riguarda la raccolta di fondi, è importante che la vostra azienda sia in grado di fornire un quadro completo dei suoi piani e delle sue ambizioni, e flusso di cassa
  • Eventuali sovvenzioni o contributi importanti ricevuti
  • Il tuo piano per la raccolta fondi (questo può sovrapporsi alla tua sezione marketing, che va bene)
  • Potenziali problemi e ostacoli al tuo piano di finanziamento
  • I tuoi piani per affrontare questi problemi
  • Come utilizzerai le donazioni in eccesso
  • Costi di avvio (se il tuo nonprofit non è ancora stabilito)

In generale, se vedi qualcos’altro che non è contabilizzato qui, è meglio essere sicuri che dispiaciuti, e mettere le informazioni pertinenti. È meglio avere troppe informazioni che troppo poche quando si tratta di finanze, soprattutto perché di solito c’è una chiara preferenza per una cultura aziendale trasparente.

Altre letture

  • Come fare un piano di bilancio quinquennale per un Nonprofit
  • Trasparenza finanziaria – National Council of Nonprofits

In genere, questo serve come spazio per allegare ulteriori documenti ed elementi che si possono trovare utili per il vostro business plan. Questo può includere cose come grafici supplementari o una lista del tuo consiglio di amministrazione.

Questo è anche un buon posto per mettere testo o informazioni tecniche che pensate possano essere rilevanti per il vostro business plan, ma che potrebbero essere lunghe o difficili da leggere. Molte delle preoccupazioni relative al flusso e alla struttura che avete per un piano non si applicano realmente ad un’appendice.

Conclusione

In sintesi, mentre un non-profit può avere obiettivi molto diversi dal vostro business medio, i modi in cui raggiungono questi obiettivi hanno molte somiglianze con le imprese for-profit. Il modo migliore per assicurare il vostro successo è quello di avere una visione chiara e concreta e un percorso che porti a diverse pietre miliari lungo la strada. Un business plan solido e approfondito ti dà anche qualcosa a cui fare riferimento quando sei in difficoltà e non sai a chi rivolgerti.

Accanto al tuo business plan, vuoi anche usare strumenti e risorse che promuovono l’efficienza a tutti i livelli. Per esempio, ogni non-profit ha bisogno di un flusso consistente di donazioni per sopravvivere, quindi considera l’uso di un programma come GiveForms che crea moduli semplici e accessibili per i tuoi donatori per fare donazioni facilmente. La contabilità e il budget di queste nei vostri piani possono pagare dividendi in seguito.

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Business Planning per le Nonprofit

Il business planning è un modo di rispondere: “Quale/i problema/i stiamo cercando di risolvere?” o “Cosa stiamo cercando di ottenere?” ma anche: “Chi ci porterà lì, entro quando, e quanto denaro e altre risorse ci vorrà?” Il processo di pianificazione aziendale prende in considerazione la missione e la visione dell’organizzazione non profit, il ruolo del consiglio e i fattori ambientali esterni, come il clima per la raccolta di fondi. Idealmente, il processo di pianificazione aziendale prende anche in considerazione il potenziale per i cambiamenti nei presupposti di base sull’ambiente operativo del nonprofit. Per esempio, molte organizzazioni non profit dipendono da contratti o sovvenzioni governative. Cosa succede se le particolari fonti di reddito che esistono oggi cambiano in futuro? Un business plan può aiutare l’organizzazione non profit e il suo consiglio ad essere preparati ai rischi futuri, rispondendo a domande come: “Qual è la probabilità che le attività pianificate continuino come al solito? o che le nostre attuali fonti di reddito continuino a fornire questo livello di entrate? E qual è il piano B se non lo fanno?”

Narrativa di un business plan

Potete pensare a un business plan come a una narrazione – o una storia – che spieghi (idealmente in un modo che abbia senso per qualcuno che non ha familiarità con le operazioni del nonprofit) come il nonprofit prospererà date le sue attività, le sue fonti di reddito, le sue spese, e gli inevitabili cambiamenti nel suo ambiente interno ed esterno nel tempo. Secondo Propel Nonprofits, il business plan di solito dovrebbe avere 4 componenti che identificano: fonti/mix di entrate; costi delle operazioni; costi del programma; e struttura del capitale.

Un business plan può spiegare: quali saranno le fonti di reddito per sostenere le attività dell’associazione nonprofit. Quali saranno i tipi di reddito (a volte chiamati “flussi di reddito”) su cui l’organizzazione non profit farà affidamento per mantenere il suo motore in funzione? Un business plan può anche prendere in considerazione ipotesi che esistono oggi ma che potrebbero cambiare in futuro: Ci sono alcuni fattori che devono essere in atto affinché questi flussi di reddito continuino a fluire? Il piano dovrebbe affrontare sia i costi quotidiani necessari per far funzionare l’organizzazione come entità, sia i costi che sono specifici dei programmi e delle attività uniche del non profit. Il piano può includere dettagli sul bisogno dei servizi dell’organizzazione (una valutazione dei bisogni) e sulla probabilità che certi finanziamenti siano disponibili (uno studio di fattibilità) o sui cambiamenti alla tecnologia o al personale dell’organizzazione che saranno necessari per portare avanti con successo la sua missione. Un altro potenziale aspetto di un business plan potrebbe essere una “analisi competitiva” che descriva quali altre entità possono fornire servizi simili nelle aree di servizio e di missione della no-profit. Infine, il business plan dovrebbe citare ipotesi importanti, come ad esempio che la politica di riserva dell’organizzazione richieda di avere almeno sei mesi di liquidità operativa a portata di mano in ogni momento. L’idea è quella di identificare le realtà conosciute – e prendere in considerazione quelle sconosciute – delle operazioni del nonprofit, e proporre come il nonprofit continuerà ad essere finanziariamente sano. È un “piano” dopo tutto – e le ipotesi sottostanti possono cambiare. Se lo fanno, avere un piano può essere utile durante il processo di identificazione degli aggiustamenti che devono essere fatti per rispondere ai cambiamenti nell’ambiente operativo della no-profit.

Formato base di un business plan

Il formato può cambiare a seconda del pubblico. Un business plan preparato per una banca (per supportare una richiesta di prestito) può essere diverso da un business plan che i membri del consiglio useranno per definire le loro priorità nel reclutare nuovi membri del consiglio. Ecco un tipico schema del formato di un business plan:

  • Tabella dei contenuti
  • Sommario esecutivo – Descrivere il problema che l’organizzazione non profit sta cercando di risolvere: la sua missione, e come realizza la sua missione.
  • Persone: panoramica della struttura della nonprofit e chi fa accadere cosa
  • Opportunità di mercato/analisi della concorrenza
  • Programmi e servizi: panoramica dell’implementazione
  • Contingenze: cosa potrebbe cambiare?
  • Salute finanziaria: qual è lo stato attuale e da dove proverranno le entrate per portare avanti la missione nel tempo? Che cosa deve essere in atto per questa no-profit per continuare su una solida base finanziaria?

Qual è la differenza tra pianificazione aziendale e pianificazione strategica?

Un business plan spiega il “chi/cosa/come/dove/quando” e tipicamente risponde a domande come: “Chi sono i “clienti” del nonprofit? “Qual è l’area geografica per i servizi dell’organizzazione non profit? “Quali altre organizzazioni no-profit forniscono servizi simili?” e “Quali servizi fornisce la nostra organizzazione no-profit che sono unici? Un business plan è il piano d’azione, che identifica i compiti, le pietre miliari e gli obiettivi, ma identifica anche il potenziale di successo e i potenziali rischi, dati i “vantaggi competitivi” dell’organizzazione non profit e l’ambiente in cui opera.

Il piano strategico prende tutto ciò che il business plan ha identificato e risponde al “come” saranno raggiunti i risultati desiderati, come ad esempio: “Come realizzeremo tutto questo con risorse limitate? A cosa daremo la priorità? Come raggiungeremo obiettivi di entrate più ambiziosi?”. Altre domande a cui un piano strategico potrebbe rispondere sono: “Cosa deve succedere per raggiungere il successo?” e “Come misureremo il successo? Altre risorse sulla pianificazione strategica per le organizzazioni non profit.

Esempio: Un risultato del “business plan” di una no-profit potrebbe essere la necessità di diversificare le risorse finanziarie. Il piano strategico potrebbe quindi affrontare come il no-profit diversificherà le sue risorse, ad esempio ampliando la base di donatori individuali del no-profit, e poi approfondire per identificare come ciò avverrà, ad esempio attraverso la tattica di sviluppare una campagna annuale di donazioni; e inoltre, come questa tattica potrebbe essere sostenuta, ad esempio identificando il costo del personale necessario per sostenere questa attività su base continua; e come sarà misurato il successo della campagna annuale di donazioni.

Strumenti per la pianificazione aziendale

  • Il vostro nonprofit dovrebbe usare una dichiarazione del modello aziendale per completare la sua dichiarazione di missione? (Blue Avocado)
  • Strumenti per la pianificazione aziendale, la creazione di una teoria del cambiamento, un caso per il sostegno, e la costruzione di un piano di entrate (per l’acquisto da Social Velocity)
  • Campione gratuito di business plan nonprofit (Bridgespan)
  • Componenti di modelli di business nonprofit in trasformazione (Propel Nonprofits)
  • Cos’è un business plan e perché ne ho bisogno per la mia nonprofit? Joanne Fritz, About.com
  • Business Planning per le organizzazioni non profit: Cos’è e perché è importante (Bridgespan)
  • Come si scrive un business plan per un’organizzazione non profit? (Grantspace)
  • La mappa a matrice: un potente strumento per la sostenibilità del nonprofit (Nonprofit Quarterly)
  • Il business plan del nonprofit: A Leader’s Guide to Creating a Successful Business Model David La Piana, Heather Gowdy, Lester Olmstead-Rose, and Brent Copen, Turner Publishing
  • Esempio di business plan per un’impresa sociale (Propel Nonprofits)

Entra nella tua associazione statale di nonprofit per opportunità speciali, come l’assistenza alla pianificazione aziendale, così come la pianificazione strategica.

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Modello EAS: la guida definitiva per gli enti no profit

Modello EAS: la guida definitiva per gli enti no profit

Se avete costituito una associazione no-profit nell’ultimo anno, probabilmente non sapete quali siano gli obblighi fiscali cui dovete sottoporvi. Non c’è da preoccuparsi, è del tutto normale!

La galassia degli enti associativ i privati è molto particolare, soprattutto per le funzioni che svolge trasversalmente al tessuto sociale. È quindi indispensabile che, anche dal punto di vista fiscale, queste realtà possano usufruire di condizioni particolari.

Per esempio, se sussistono i requisiti richiesti dalla normativa tributaria, è bene sapere che le quote ed i contributi associativi incassati non sono imponibili , così come i corrispettivi che sono percepiti da certe attività.

L’ Agenzia delle Entrate richiede però che gli enti associativi che desiderano usufruire di queste agevolazioni trasmettano in via telematica i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali, mediante un apposito modello, detto appunto modello EAS . Torna in Cima

Che cos’è il modello EAS

Fin dal 2009, il modello EAS è l’unico che deve essere utilizzato dalle associazioni private per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali.

Tutte le associazioni e gli enti associativi privati che richiedano una quota ai loro associati o che offra loro beni e servizi attraverso uno scambio di natura economica sono tenuti a compilare il modello entro 60 giorni dalla costituzione , per via telematica.

È inoltre necessario presentare nuovamente il modello entro il 31 marzo dell’anno successivo , se alcuni fra i dati contenuti sono cambiati nel corso dell’anno precedente [vedi il paragrafo “ Termini e modi di presentazione ” per conoscere l’argomento più in dettaglio].

Il modello è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate e può essere presentato sia dall’ente associativo che attraverso un intermediario abilitato [commercialisti, Caf, ecc.].

In pratica, quasi tutte le associazioni non profit sono obbligate alla compilazione, che si effettua attraverso un semplice software, utilizzabile con tutti i sistemi operativi più diffusi [Windows, OS X, Linux]. Torna in Cima

Quali sono gli enti esonerati dal modello EAS

Sono ovviamente esonerati dalla presentazione del modello EAS le fondazioni e gli altri enti che non abbiano natura associativa , gli enti di diritto pubblico , i fondi pension e e gli enti associativi commerciali .

Fanno inoltre eccezione alla regola e non sono tenute alla compilazione del modello le seguenti tipologie di ente associativo:

  • le associazioni di volontariato regolarmente iscritte ai registri [legge 266/91] e che svolgono solo attività istituzionali o che realizzano solo attività commerciali e produttive marginali, come da Decreto Ministro delle Finanze del 25 maggio 1995;
  • le associazioni pro-loco che hanno optato per il regime previsto dalla legge 398/91. Le associazioni pro-loco che non hanno optato per la legge 398/91 o che hanno superato il limite dei ricavi commerciali di euro 250.000 annuali sono tenute a compilare ed inviare il modello;
  • le associazioni sportive dilettantistiche  [Asd] in possesso dell’iscrizione al Registro Telematico delle Associazioni Sportive [rilasciato dal Coni], purché non svolgano attività commerciale;
  • le associazioni che hanno ottenuto la qualifica di Onlus attraverso l’iter di cui al DM 266/03 e la presentazione dell’istanza alla Direzione Regionale delle Entrate;
  • le associazioni non governative  [ONG] riconosciute idonee dalla Legge 49/87.

modello-eas-soggetti

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Chi può presentare modelli EAS semplificati

Alcune tipologie di associazione possono presentare un modello semplificato , che sia compilato solo in 5 [sei per le associazioni sportive dilettantistiche non completamente esonerate] delle 38 voci normalmente richieste, che sono invece tutte obbligatorie per chi deve effettuare la dichiarazione completa. Vediamo quali sono le tipologie più diffuse:

  • associazioni di promozione sociale iscritte ai registri di cui all’art 7 L 383/00;
  • associazioni di volontariato iscritte ai registri di cui all’art 6 L 266/91, che svolgono attività commerciali e produttive marginali, diverse da quelle individuate dal Decreto Ministro delle Finanze del 25 maggio 1995;
  • associazioni e società sportive dilettantistiche [diverse da quelle esonerate] iscritte al registro del CONI;
  • associazioni che abbiano ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica [iscritte ai registri tenuti da Prefetture, Regioni o Province autonome];
  • associazioni religiose riconosciute dal Ministero degli Interni [svolgenti in via preminente attività di religione e di culto];
  • associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese;
  • partiti e movimenti politici tenuti alla rendicontazione per ottenere i rimborsi per le spese elettorali o che abbiano presentato liste alle ultime elezioni del Parlamento europeo o nazionale;
  • associazioni sindacali;
  • associazioni riconosciute di ricerca scientifica, destinatarie di determinati provvedimenti agevolativi;
  • associazioni Onlus parziali, per le attività non rientranti nell’ambito Onlus, se svolgenti attività di cui all’art 148 TUIR e 4 DPR 633/72;
  • associazioni combattentistiche e d’arma iscritte nell’albo tenuto dal Ministero della difesa, di cui all’art 20, c 3, L 382/781;
  • federazioni sportive nazionali riconosciute dal Coni.

Termini e modi di presentazione

Come abbiamo visto, il modello Eas dovrebbe essere inviato entro 60 giorni dalla data di costituzione . Se non l’avete fatto in tempo, però, non perdetevi d’animo!

Il Dl 16/2012 ha infatti stabilito che è possibile accedere ai regimi fiscali opzionali che siano subordinati all’obbligo di una comunicazione preventiva [e di qualsiasi adempimento di natura formale] anche se la comunicazione non è stata eseguita tempestivamente.

L’unico vincolo è giustamente il fatto che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altra attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza.

In questo caso, il contribuente che abbia i requisiti alla data di scadenza ordinaria del termine può effettuare la comunicazione [o effettuare l’adempimento] entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile.

È tenuto però a versare contestualmente un importo pari alla misura minima della sanzione [258,00 €], dal quale è ovviamente esclusa l’eventuale compensazione prevista.

Per quanto riguarda invece la comunicazione delle variazioni, si è già detto che è necessario presentarla entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello nel quale si è verificata la variazione stessa. È necessario comunicare le variazioni che riguardano le seguenti voci:

  • dati anagrafici dell’ente o del rappresentante legale;
  • ammontare dei contributi pubblici ricevuti [dichiarazione 31];
  • ammontare delle erogazioni liberali ricevute [dichiarazione 30];
  • numero dei soci e/o associati dell’ente associativo [dichiarazione 24];
  • ammontare delle entrate [dichiarazione n 23];
  • costo sostenuto per messaggi pubblicitari [dichiarazione 21];
  • ammontare dei proventi per attività di sponsorizzazione o pubblicità, sia quelli percepiti occasionalmente che quelli incassati abitualmente [ultima parte della dichiarazione 20];
  • numero e giorni per l’organizzazione di manifestazioni di raccolta fondi [dichiarazione 33].

Gli enti associativi che non compilano il Modello EAS non godono delle agevolazioni fiscali relative alla detassazione di quote e contributi associativi e le loro attività saranno soggette alla tassazione propria delle attività commerciali, comprese tutte le attività da essi svolte.

Dal momento che si tratta di costi differenti, che sono spesso insostenibili per le realtà non profit, la compilazione del modello è indispensabile per tutte le associazioni interessate dalla normativa.

modello-eas-attivita-dilettantistica

Il caso delle associazioni e società sportive dilettantistiche

Una particolare attenzione merita il caso delle associazioni sportive dilettantistiche  [Asd], assai comune ma, purtroppo, piuttosto complesso per quanto riguarda la normativa.

Fra queste associazioni, sono tenute a presentare la dichiarazione in forma semplificata [vedi paragrafo specifico] quelle che effettuano attività strutturalmente commerciali [come da art. 148 del Tuir], incluse quelle che chiedono ai soci il versamento di corrispettivi per lo svolgimento delle pratiche sportive [iscrizione ai corsi, utilizzo delle attrezzature, ecc.] e quelle che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’Iva e delle imposte sui redditi [sponsorizzazione, pubblicità, somministrazione o cessione di materiali sportivi].

In pratica, le uniche Asd esonerate pienamente dall’invio sono quelle le cui principali entrate sono rappresentate dalle sole quote associative. Torna in Cima

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Domande frequenti, in che modo microsoft può aiutare la mia organizzazione.

Microsoft offre alle organizzazioni no profit idonee sconti e donazioni, tra cui servizi sul cloud quali Microsoft 365, Office 365, Azure e Dynamics 365, l'hardware di Surface e software locali. Inoltre, gli uffici locali di Microsoft organizzano regolarmente eventi di formazione per aiutare le no profit a usare la tecnologia e a capire come questa può aumentare l'impatto delle loro organizzazioni. Tieni presente che non tutti i programmi potrebbero essere disponibili in ogni paese.

Come faccio a richiedere di partecipare ai programmi di Microsoft riservati alle no profit disponibili per la mia organizzazione?

Prima di tutto, rivedi le nostre  linee guida per l'idoneità (in inglese)  quindi  inizia  a richiedere una donazione o uno sconto sul prodotto.

Le organizzazioni approvate per un'offerta riservata alle no profit possono comunque acquistare le offerte commerciali?

Sì. Le organizzazioni no profit ritenute idonee per le offerte Microsoft 365 Nonprofit possono acquistare sia offerte riservate alle no profit sia offerte commerciali in futuro.

Come faccio a ricevere assistenza per l'installazione e l'uso del software Microsoft?

Microsoft ti invita a collaborare con un partner nel tuo paese la cui missione è sostenere altre no profit nello sviluppo del potenziale tecnologico e dell'organizzazione, come i partner per le no profit   TechSoup  e  Tech Impact .

Quali sono i requisiti di idoneità per i programmi di Microsoft riservati alle no profit?

Ecco i requisiti per le organizzazioni no profit e non governative:

Avere riconosciuto lo stato legale di istituzione benefica secondo quanto definito nel rispettivo paese

Operare sulla base di un principio non a scopo di lucro

Svolgere una missione che giovi all'intera comunità

Attenersi alle norme antidiscriminatorie di Microsoft

Assegnare le licenze solo al personale idoneo

  • Usare solo le licenze per la propria organizzazione e non concedere licenze a partner o affiliati

Visita la  pagina relativa all'idoneità (in inglese)  per ulteriori informazioni.

Quanto tempo è necessario per ricevere la conferma dell'idoneità?

Ci impegniamo a fare questa verifica il più rapidamente possibile. La procedura può richiedere fino a 20 giorni lavorativi, ma il tempo necessario varia in base alla rapidità con cui l'organizzazione no profit risponde alle richieste di documentazione aggiuntiva e ai requisiti del paese.

Quali persone affiliate all'organizzazione no profit sono idonee per la ricezione di licenze utente scontate o in donazione?

Le donazioni alle organizzazioni no profit sono concesse solo ai dipendenti retribuiti della no profit e al personale executive non retribuito che dirige la no profit. I sconti alle organizzazioni no profit sono concessi a tutto il personale e i volontari della no profit. I beneficiari, donatori e membri delle organizzazioni no profit NON sono idonei per le licenze e gli abbonamenti riservati alle no profit. Visita la pagina relativa all'idoneità per ulteriori informazioni.

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Business Plan Vincente

Terzo Settore

I fondi europei per la cultura: come fare per presentare il progetto (ii° parte).

I Fondi Europei per la Cultura

Per accedere a questi Fondi Europei per la Cultura occorre formulare un business plan cioè  un percorso in cui l’organizzazione (il cui oggetto sociale deve essere senza scopo di lucro) descrive in modo dettagliato come  realizzare il progetto culturale, in che modo intende farlo e quali risorse umane e finanziarie vuole utilizzare.

Leggi tutto

I FONDI EUROPEI PER LA CULTURA: come fare a presentare il progetto (I° Parte)

Fondi Europei

I Fondi europei per la cultura su cui oggi vogliamo puntare l’attenzione in questo articolo, sono i cosiddetti FONDI EUROPEI DIRETTI: si tratta  di contributi gestiti direttamente dalla Commissione Europea (o da Agenzie delegate) che vengono distribuiti direttamente alle organizzazioni culturali  che ne fanno richiesta. Questo tipo di Fondi Diretti , a differenza di quelli cosiddetti indiretti, non sono gestiti da autorità nazionali o regionali ma direttamente dalle Direzioni Generali della Commissione Europea ed è a queste istituzioni che i richiedenti devono rivolgersi per la presentazione delle richieste e il deposito dei progetti. Come sempre. c’è un iter burocratico da rispettare per l’approvazione di questi importanti progettualità a livello europeo, ma di questo parleremo nella seconda parte dell’articolo.

MARKETING E TERZO SETTORE

Marketing e terzo settore

Marketing e Terzo Settore: un binomio inconciliabile ?

Per noi: NO! Il fatto che una cooperativa sociale, un’associazione culturale o un’organizzazione di volontariato basano la loro attività su principi etici e su ideali di solidarietà e di altruismo, non è affatto in contrasto con una visione di marketing. Anche una casa per anziani, una ludoteca, un’associazione culturale o un asilo nido convenzionato con un Comune possono essere gestiti tenendo presenti i principi del marketing.

Perchè fare marketing significa “armonizzare” le risorse di un’organizzazione con le esigenze ed i desideri espressi dal mondo esterno, cioè dal mercato. Ma soprattutto, fare marketing significa conoscere in anticipo le esigenze dei clienti, che magari per un’azienda no profit non si chiamano “clienti” ma “utenti”, ma il concetto di base poco cambia: in ogni caso, è bene sapere prima di cosa hanno bisogno i clienti/utenti per poi offrire loro prodotti e servizi in grado di soddisfare i loro bisogni e desideri.

Lo abbiamo scritto tante volte di cosa si occupa il marketing e, soprattutto, a cosa serve.. e quindi, non siamo noi a dirlo, ma il marketing sociale, anche le aziende NO PROFIT possono essere gestite secondo criteri propri delle aziende PROFIT, almeno per quanto riguarda il marketing…

I COSTI DI UNA COOPERATIVA [Seconda Parte]

I costi di una cooperativa

I costi di una cooperativa , come abbiamo scritto in questo articolo , comprendono sia i costi fissi che i costi variabili . Dei costi fissi ne abbiamo già parlato. Vediamo ora di capire cosa sono i costi variabili.

I costi variabili di una cooperativa sono invece tutti quei costi che variano in relazione al volume di produzione cioè dalle quantità di camere e che la cooperativa riesce ad occupare. Questi costi variabili quindi li sostieni solo e soltanto se produci il prodotto o eroghi il servizio. I costi variabili per una cooperativa che gestisce un albergo sono per esempio: i costi per il cambio della biancheria, i costi per il set di cortesia, costi per energia e acqua nelle camere, costi per le provvigioni alle agenzie di viaggio.

I COSTI DI UNA COOPERATIVA [Prima Parte]

I costi di una cooperativa

I costi di una  cooperativa sono tanti e di diversa natura. E  sono soprattutto i costi che hanno “un peso” quando vai a  calcolare e  determinare il prezzo di vendita finale del prodotto o servizio. E non solo. Perchè oltre a voler conoscere i costi per stabilire il prezzo di vendita, essi ti possono essere utili per verificare, per esempio, se il tuo processo produttivo è efficiente (cioè non spreca soldi e risorse).

In molte cooperative ed organizzazioni del Terzo Settore, spesso, le decisioni sui costi  da sostenere  si prendono sulla base dell’esperienza e delle capacità e competenze dei vari operatori. Queste decisioni se sotto l’aspetto  tecnico risultano essere perfette, può accadere che da un punto di vista economico sono un disastro.

Quando esamini i costi della gestione tieni conto che non sono tutti uguali,  perchè al di là della loro diversa nomenclatura, i costi si comportano in modo diverso.  E’ evidente che il costo del personale è diverso dal costo per l’acquisto del materiale, o dal costo per le utenze o dal costo dell’affitto del locale: perchè si tratta dell’acquisizione di risorse di natura diversa. Ma in merito al comportamento, devi sapere che  ci sono costi che possono variare nel tempo e nelle quantità prodotte; per esempio, il  costo che sostengo oggi per acquistare 1 litro di benzina è sicuramente diverso dal costo che ho sostenuto 10 giorni fa e anche dal costo che sosterrò tra 15 giorni. Inoltre la variabilità dei costi può dipendere oltre che dal tempo anche dalla quantità perchè ci sono dei costi che aumentano o diminuiscono in base anche alle quantità prodotte.

COME FARE IL BILANCIO DI UNA COOPERATIVA [Terza Parte]

Per fare il bilancio di una cooperativa ti servono alcuni documenti: il Conto Economico, lo Stato Patrimoniale e la Nota Integrativa. Nell’articolo precedente a questo, abbiamo  visto  il significato che si nasconde dietro ai valori contabili di  costo e di ricavo che sono nel Conto Economico. Ora vediamo il  significato delle voci che trovi quando … Leggi tutto

COME FARE IL BILANCIO DI UNA COOPERATIVA [seconda parte]

Come fare il bilancio di una cooperativa

Per fare il bilancio di una coperativa , come abbiamo scritto n ell’articolo precedente , servono 3 documenti: il Conto Economico, lo Stato Patrimoniale e la Nota Integrativa. In questo articolo vediamo come puoi anche tu  leggere ed interpretare le voci del Conto Economico .

Partiamo con un esempio qualsiasi: una cooperativa che svolge l’attività di asilo nido e ludoteca. Per iniziare ha bisogno di acquistare o prendere in affitto: locali, attrezzature didattiche, cucina, impianti di riscaldamento e di condizionamento, mobili ed arredi, generi alimentari per i pasti, materiale di consumo, educatori, personale amministrativo, servizi di luce, gas, acqua, telefono, assicurazioni, pulizie, consulenza, manutenzioni ed altro.

Per procurarsi tutto ciò la cooperativa sostiene dei costi . Ogni volta che la cooperativa eroga il suo servizio di assistenza e di animazione nei confronti dei bambini consegue dei ricavi . Quindi nel Conto Economico c’è la sintesi di tutti i costi d’esercizio (cioè tutti questi costi che vengono sostenuti ogni mese) e di tutti i ricavi della cooperativa a partire dal 1°gennaio al 31 dicembre di ogni anno.

COME FARE IL BILANCIO DI UNA COOPERATIVA [Prima Parte]

Come fare il bilancio di una cooperativa

Per fare il bilancio di una cooperativa devi “dialogare”  con i numeri cioè devi avere a che fare con costi e ricavi,  con investimenti e finanziamenti e con entrate e uscite finanziario-monetarie. Sappiamo che quando si parla di “certi numeri” e  di bilancio, molte persone  possono trovare delle difficoltà legate al ‘fatto che non tutti hanno seguito studi di ragioneria o economici.

Quando il commercialista predispone e  presenta  il  bilancio di fine anno  alla cooperativa, sembra che l’unica effettiva preoccupazione sia: “Quante imposte dobbiamo pagare”? . Questa è una cosa che non accade solo nelle cooperative ma in molte aziende e la conclusione è che l’imprenditore pensa che il bilancio sia uno strumento utilizzato dal commercialista contro di lui, nell’interesse unico dello Stato. Ma le cose, come vedremo tra poco, non stanno esattamente così. Infatti il bilancio non è uno strumento con cui il consulente si diverte a torturare il suo cliente, ma è uno strumento utilissimo ai fini decisionali. Al suo interno si nascondono una serie di dati, notizie e informazioni che sono utilissime per prendere decisioni.

Anzi, sarebbe proprio il caso di dire che le migliori decisioni si prendono con il bilancio sotto mano , ammesso che si sappia come utilizzarlo. Esso diventa quindi un  “termometro” per misurare lo stato di salute della tua cooperativa in base alle scelte e alle decisioni che sono state prese e per decidere quali sono le “terapie” più giuste ed opportune da adottare per la gestione.

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21 Agosto 2023

Bilancio Enti Terzo Settore (ETS): modulistica, nuove regole, deposito e scadenze 2023

Quali sono le regole di compilazione del bilancio degli ets per il 2023 scopri la nuova modulistica e gli obblighi previsti dalla riforma del terzo settore e dalle direttive oic..

di Gennaro Ottaviano

Bilancio terzo settore

  • La redazione del bilancio per gli Enti del Terzo Settore nel 2023 deve avvenire attraverso l’utilizzo di 4 moduli previsti dal Dlgs 117/2017.
  • Gli ETS con un fatturato superiore ai 220.00€ saranno tenuti a compilare i primi tre moduli, mentre quelli con uno Stato Patrimoniale al di sotto dei 220.000€ devono redigere il bilancio con il Rendiconto per Cassa .
  • L’adozione delle nuove regole è obbligatoria per tutti gli Enti del Terzo Settore iscritti al RUNTS.

Affiancare la parola bilancio di esercizio a quella di Enti del Terzo Settore (ETS) spesso può generare una serie di dubbi. Infatti, con la Legge 6 giugno 2016 n.106, si è dato vita alla cosiddetta Riforma delle attività no profit, con diverse novità come la creazione del RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) e nuove regole per la redazione del bilancio con l’inserimento di quattro moduli.

Tuttavia, ancora oggi vi sono diversi interventi normativi , oltre a emendamenti e chiarimenti da parte dell’OIC (Organismo Italiano di Contabilità) e del MLPS (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) che hanno creato una certa confusione.

Nella seguente guida siamo andati a chiarire quali sono gli ETS obbligati alla redazione del bilancio secondo le nuove direttive di legge, le caratteristiche del sistema a moduli con i termini di transizione e applicabilità. Infine, avrai le informazioni utili su come e quando depositare il bilancio di esercizio al RUNTS.

Compilazione Bilancio ETS: cosa prevede la legge

Schema bilancio terzo settore, regole di compilazione bilancio ets, bilancio terzo settore: transizioni e applicabilità, come depositare il bilancio enti del terzo settore.

Nella categoria degli Enti del Terzo Settore si raggruppano gli enti privati che non prevedono fini commerciali, ma svolgono un’attività no profit finalizzata a scopi sociali, civili e di solidarietà.

Con la Riforma sugli ETS andranno a inserirsi anche le ONLUS oltre alle ODV (Organizzazioni di volontariato) e gli APS (Associazione di Promozione Sociale). Per ciò che riguarda le Associazioni culturali e quelli sportive si avrà la possibilità di trasformarle in ETS e quindi rientrare nelle nuove norme del Terzo Settore.

Gli ETS sono enti che, date le particolari finalità, non hanno scopo di lucro, e prevedono una serie di deroghe alle regole contabili e fiscali previste dall’ordinamento italiano.

Quindi se per certi aspetti la redazione del bilancio di un Ente del Terzo Settore ha degli elementi in comune con quella delle società, dall’altro vi sono profonde differenze. Ecco quali sono le norme a cui devi fare riferimento:

  • art 13 Dlgs 117/2017: ha istituito il Codice del Terzo Settore;
  • decreto ministeriale 5 marzo 2020: adozione della modulistica di bilanci per gli Enti del Terzo Settore;
  • principio contabile OIC 35: emanato il 3 febbraio 2022 dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) e aggiornato nel 2023;
  • Nota Del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) n. 5491 05.04.2022: modifiche dell’art 13 Dlgs 117/2017, concernente l’ordinamento contabile degli ETS.

bilancio ETS normativa

L’intervento legislativo è andato a regolare e precisare alcuni aspetti per la redazione del bilancio di esercizio degli ETS e come effettuare il deposito.

Infatti, oltre all’istituzione del RUNTS (Registro Nazionale del Terzo Settore), presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è stata introdotta una nuova modulistica per la compilazione del bilancio, definendo quali sono gli ETS obbligati ad adottarla e i principi contabili.

Infine, si sono andati a chiarie anche quali sono i termini di applicazione e di transizione per gli enti, già in attività prima della creazione del RUNTS e delle nuove normative, o per quelli di nuova costituzione.

revolut business

Con il Decreto Ministeriale 5 marzo 2020 si è applicata la suddivisione in 4 moduli prevista dal Dlgs 117/2017:

  • Mod A: Stato Patrimoniale;
  • Mod B: Rendiconto Gestionale;
  • Mod C: Relazione di Missione;
  • Mod D: Rendiconto di Cassa.

1. Stato Patrimoniale

Lo Stato Patrimoniale rispecchia le caratteristiche previste nella redazione del bilancio di esercizio delle società.

Dovrai inserire il complesso delle attività economiche dell’Ente con riferimento al periodo di esercizio, andando ad indicare l’insieme delle operazioni attive, quelle passive e l’eventuale capitale netto generato dal differenziale.

2. Rendiconto Gestionale

Con il modulo B, si evidenziano già le prime diversità rispetto a un bilancio societario. Infatti, il Rendiconto di Gestione non ha una vera e propria valenza economica.

Se da un lato al suo interno devi inserire le entrate, i costi di gestione e i relativi proventi, dall’altro questo confronto ha il fine di evidenziare qual è stato l’impiego di questi fondi al fine di perseguire lo scopo principale dell’attività no profit del tuo Ente.

3. Relazione di Missione

Il modulo C prevede la compilazione della Relazioni di Missione , in un certo qual modo corrispondente alla Nota Integrativa di un bilancio di esercizio di una società. In particolare, al suo interno vengono riportate quelle informazioni utili per definire la situazione economica dell’Ente Del Terzo Settore e i criteri utilizzati.

Sarà necessario anche per evidenziare quali sono i risultati raggiunti in rapporto alle finalità previste nella creazione del tuo ente. Inoltre, devi anche specificare una serie di informazioni:

  • le finalità dell’ente in rapporto anche alla sezione del Registro Unico Nazionale Del Terzo Settore (RUNTS);
  • dati degli associati e dei fondatori ed eventuali partecipazioni ad altri enti;
  • criteri applicati nella definizione delle voci di bilancio;
  • i movimenti e le immobilizzazioni previste;
  • i debiti e specifiche sulle eventuali erogazioni ottenute;
  • i compensi previsti per l’organo esecutivo e il revisore legale ;
  • il quadro complessivo delle situazioni patrimoniali;
  • le finalità di utilizzo degli eventuali utili che andranno a definire il disavanzo della gestione;
  • l’indicazione delle modalità di perseguimento della mission dell’Ente;
  • una descrizione di eventuali attività di raccolta fondi.

4. Rendiconto di Cassa

L’art 13 del Dlgs 117/2017 stabilisce quali sono i casi in cui è prevista la redazione di bilancio secondo la modulistica del Decreto Ministeriale del 5 marzo 2020. Si distingue tra:

  • Enti del Terzo Settore con ricavi e proventi pari o superiori ai 220.000€;
  • ETS con ricavi e proventi inferiori ai 220.000€.

Nel primo caso si prevede l’obbligo di redazione di bilancio dei primi tre moduli: Stato Patrimoniale, Rendiconto Gestionale, Relazione di Missione. Si utilizzerà il principio contabile per competenza , inserendo le transazioni con riferimento al periodo di imposta in cui sono avvenute, indipendentemente dal loro completamento, con il relativo pagamento.

Invece, per gli enti no profit che non superano il tetto di proventi di 220.000€, avrai la possibilità di redigere il bilancio utilizzando il modulo D e quindi con un Rendiconto per Cassa . In questo caso non devi compilare gli altri modelli.

Per determinare le regole contabili e quindi se è necessario utilizzare i primi tre moduli, secondo il principio per competenza, o utilizzare il Rendiconto per Cassa, devi prendere come riferimento l’insieme dei ricavi, proventi, entrate e rendite generate dall’ETS risalenti al periodo di imposta precedente.

Rendiconto per Cassa ETS

Per ciò che concerne la compilazione e il deposito di bilancio di esercizio delle ETS , il Dlgs 117/2017 aveva lasciato aperti alcuni dubbi. Con il Decreto Ministeriale del 5 marzo 2020 si sono andati a chiarire alcuni aspetti pratici:

  • la modulistica è conforme ai criteri previsti dagli arti 2423, 2423 bis e 2426 del Codice Civile;
  • gli schemi previsti non possono essere modificati in base all’esigenze dei singoli Enti;
  • nella redazione del bilancio, gli Enti possono effettuare un’ulteriore suddivisone delle voci.

Chiariamo questi aspetti. L’applicazione della nuova modulistica è stata equiparata alle regole previste dal Codice Civile per la redazione di bilancio di esercizio di società di capitali o di una di persone.

Questo è un dato che rafforza l’obbligatorietà di adottare questa tipologia di compilazione per la redazione dei documenti contabili 2023, seguendo le regole inserite dal Codice del Terzo Settore.

Ciò implica che gli schemi dovranno essere redatti senza effettuare modifiche alla struttura. Tuttavia, data la presenza di una varietà di attività che si riconducono alla definizione di Ente del Terzo Settore, hai la possibilità di suddividere ulteriormente le voci presenti nei singoli moduli .

Questo aggiungendo numeri arabi o lettere dell’alfabeto, senza effettuare modifiche alla voce principale e all’importo di riferimento. Infine, si specifica che per rendere più chiaro il bilancio è possibile:

  • eliminare delle voci se queste, per due esercizi consecutivi, risultano con un valore nullo;
  • raggruppare le voci quando queste non vanno ad incidere sulla definizione del bilancio.

In ogni caso, qualunque modifica fatta, va indicata all’interno della Relazione di Missione, andando a specificare il criterio utilizzato.

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Per chiarire l’ambito di applicazione normativo dei nuovi moduli, devi far riferimento alle direttive dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), che è intervenuto con il principio contabile OIC 35 redatto il 3 febbraio 2022 e aggiornato nel 2023.

Questa è un’integrazione necessaria, diventando un punto di riferimento per tutti gli Enti del Terzo Settore che devono redigere il bilancio in base alle nuove direttive previste dall’art 13 del Dlgs 117/2017 .

Regole bilancio ETS

Infatti, il principio contabile OIC 35 è andato a definire:

  • modalità di compilazione dei diversi moduli, con chiarimenti per ciò che riguarda la struttura e il contenuto;
  • le finalità del bilancio di offrire informazioni chiare, veritiere sulle attività di un ente sia dal punto di vista gestionale, sia patrimoniale;
  • far comprendere i parametri in base ai quali vengono definiti e valutate alcune categorie di Enti del Terzo Settore;
  • chiarire alcune questioni contabili di un certo interesse, ad esempio la registrazione delle quote associative e le transazioni non sinallagmatiche su cui si applica il principio di fair value;
  • i termini di transizione e applicazione.

Principio di applicazione OIC 35 2023

Il principio di contabilità OIC 35 è stato ulteriormente soggetto a un nuovo intervento, il 2 marzo del 2023 , dell’Organismo Italiano di Contabilità.

In questo contesto si sono adottate misure al fine di rendere più semplice l’applicazione dei principi di contabilità per quanto riguarda la fase di transizione e la prima applicazione del nuovo schema di bilancio, andando a modificare i paragrafi 31 e 33.

La motivazione data all’OIC è strettamente connessa alla necessità di semplificare e di limitare gli oneri amministrativi per l’adeguamento alle nuove direttive in ambito informativo, previste dalla nota MLPS n. 5491. Inoltre, si sono andati a chiarire i termini di adozione delle nuove regole di bilancio.

Il testo originario dell’OIC 35 prevedeva l’entrata in vigore dei nuovi principi contabili per il bilancio al 31 dicembre 2021 . In questo caso l’ente aveva la possibilità di non presentare il bilancio comparativo dell’anno precedente, e per quanto riguarda l’applicazione prospettica non inserire le operazioni non sinallagmatiche soggette al fair value.

In base alle nuove regole si è stabilito che i principi di contabilità OIC 35 si applicheranno al bilancio con esercizio a partire dal 1° gennaio 2021 o seguenti. Per la redazione del primo documento contabile, non sarà necessario presentare il bilancio comparativo .

Invece, in caso di applicazione prospettica, si offre l’opzione di non indicare al fair value le operazioni non sinallagmatiche, andando a specificare le motivazioni e i criteri nella Relazione di Missione.

Il deposito del bilancio deve avvenire presso il registro RUNTS in base alla compilazione dei nuovi moduli. Devi inviare la documentazione online direttamente al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore attraverso il sito Servizi.lavoro.gov.it .

L’accesso dovrà essere effettuato tramite SPID o CIE. A questo punto basterà selezionare la voce “RUNTS” ed evidenziare nella dashboard l’icona “ Richiedi “. Il passo successivo è quello di cliccare su “ Deposito bilancio ” inserendo i dati dell’Ente e allegando i documenti in file PDF.

Per gli Enti come gli ODV e gli APS soggetti a una normativa transitoria, si prevede il deposito di bilancio entro 90 giorni dall’avvenuta iscrizione al Registro Unico .

Per i nuovi enti costituiti nel 2022 e che hanno effettuato l’iscrizione al RUNTS entro il 30.09.2022, è previsto solo il deposito del bilancio per l’anno corrente, entro il 30.06.2023. Quelli che si sono registrati in data successiva avranno la possibilità di effettuare la chiusura di bilancio 2022 per gli ultimi tre mesi di esercizio, presentando quello del 2022 e del 2023 entro il 30 giugno 2024.

Invece, gli ETS costituiti prima del 2022 , e che hanno svolto attività per il biennio precedente, al momento della registrazione al RUNTS dovranno presentare gli ultimi due bilanci approvati e la copia dei verbali di assemblea. Anche in questo caso, il bilancio del 2022 deve essere consegnato entro il 30.06.2023.

Controlli sugli ETS, con e senza personalità giuridica

Un approfondimento va fatto per ciò che riguarda i controlli sugli ETS per ciò che riguarda l’iscrizione al RUNTS. In particolare, possono esserci delle differenze per ciò che riguarda gli enti con personalità giuridica e quelli senza personalità giuridica.

Per gli ETS con personalità giuridica , l’Ufficio Runts del territorio procede con un controllo del rispetto dei requisiti, mentre per i controlli inerenti lo statuto ci si riferisce al notaio. Se invece l’ETS non ha personalità giuridica , per l’iscrizione al Runt vengono effettuati controlli più di ampia portata, sulla documentazione e sui requisiti per accedervi.

In questi casi l’Ufficio del Runts mette in pratica controlli antimafia , specialmente per realtà di grande dimensione. Per ciò che riguarda lo statuto, l’Ufficio può decidere per specifiche disposizioni che riguardano le possibilità di voto degli associati. Particolare rilevanza ha il controllo sul bilancio di esercizio e sociale.

Bilancio Terzo settore – Domande frequenti

Il bilancio di un Ente del Terzo Settore dovrà essere redatto compilando i nuovi quattro moduli previsti dalla Dlgs 117/2017 e sue successive modifiche.

Il bilancio degli Enti del Terzo Settore deve essere depositato al RUNTS. Scopri quali sono le modalità nella nostra guida.

Il bilancio degli Enti del Terzo Settore, dal 2023, deve essere consegnato entro il 30 giugno di ogni anno, salvo per quegli enti che sono soggetti a regime transitorio.

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Gennaro Ottaviano

Esperto di economia aziendale e gestionale

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Associazioni non profit: quali sono e cosa fanno

Home » Associazioni non profit: quali sono e cosa fanno

Le associazioni non profit sono enti privati che reinvestono tutti i profitti generati per scopi che rispondono all’interesse generale o di una minoranza svantaggiata. Dalla sanità all’educazione, dall’ambiente all’assistenza umanitaria, svolgono un ruolo indispensabile per la società

Le associazioni non profit sono organizzazioni private senza scopo di lucro . Ovvero, enti che generano profitto, ma lo reinvestono nelle attività di cui si occupano. Anziché distribuirlo tra i membri che ne fanno parte. In Italia, così come nel mondo, esiste una fitta rete di associazionismo . I settori in cui i soggetti  che ne fanno parte operano sono di diverse tipologie: quello sociale, sanitario, ambientale, promozione della cultura, educativo, artistico, architettonico e molti altri ancora. Le associazioni non profit svolgono un ruolo fondamentale all’interno della società. Spesso occupandosi di servizi che altrimenti resterebbero scoperti.

Che cosa sono le organizzazioni senza scopo di lucro?

Le associazioni non profit sono enti che, per statuto o atto costitutivo , devono devolvere i profitti generati al perseguimento degli scopi dichiarati . Dal punto di vista legale sono persone giuridiche di natura privata formalmente costituite che poggiano su un’importante base volontaria per portare avanti le proprie attività. Per essere associazioni riconosciute devono essere orientate al raggiungimento di obiettivi di utilità sociale . E, come già anticipato, non redistribuire i profitti ai membri. È questo l’elemento che le distingue da altri soggetti privati e dal quale deriva il loro nome.

Che tipo di organizzazioni non profit esistono?

Esistono diversi tipi di associazioni non profit tra i quali:

  • organizzazioni non governative
  • associazioni culturali
  • organizzazioni di volontariato
  • cooperative sociali
  • fondazioni ex bancarie
  • associazioni di promozione sociale (aps)
  • organizzazioni non lucrative di utilità sociale
  • associazioni sportive dilettantistiche

Come funzionano le associazioni senza scopo di lucro?

Quasi ogni associazione non profit è formata da membri o soci che condividono interessi o obiettivi comuni . Alcune sono gestite solo da un consiglio di amministrazione o da un gruppo di fondatori . Gli enti non profit possono ricevere finanziamenti da diverse fonti, tra cui donazioni da privati, sovvenzioni governative, sponsorizzazioni aziendali e altre forme di supporto. Tuttavia, come anticipato, devono utilizzare i fondi raccolti per sostenere la loro missione e non per il profitto personale.

Le associazioni sono tenute a essere trasparenti nelle loro operazioni finanziarie e devono rendere conto delle loro attività ai donatori, ai membri e alle autorità di regolamentazione. Questo è vero soprattutto da quando è stata attuata la Riforma del Terzo Settore . La trasparenza contribuisce infatti  a mantenere la fiducia del pubblico e a dimostrare l’efficacia dell’organizzazione nel raggiungere i suoi scopi.

Come si fa a creare una associazione no profit?

Per creare un’associazione no profit occorre seguire diversi passaggi. In primo luogo è necessario definire gli obiettivi che tale associazione vuole perseguire, inventare un nome e un logo e predisporre tutto il materiale comunicativo necessario. Bisogna poi dedicarsi alla stesura dello statuto che descriva la natura, lo scopo, la struttura e le modalità operative dell’associazione. Vanno incluse disposizioni sui membri, il consiglio di amministrazione, le assemblee, le modalità di voto, ecc. In seguito, occorre nominare almeno un presidente (o rappresentante legale) e un consiglio di amministrazione.

Ora è il momento di rivolgersi all’ Agenzia delle Entrate per richiedere il modello AA5/6 , che è il modulo standard per la richiesta di iscrizione nel Registro delle Persone Giuridiche , e un codice fiscale . Infine, sarà necessario aprire un conto in banca intestato all’associazione e portare tutta la documentazione all’ufficio preposto del comune di riferimento (di solito esiste uno sportello per l’associazionismo).

Come funziona l’IVA per le associazioni?

Le associazioni non profit possono beneficiare di diverse agevolazioni fiscali , come l’esenzione dalle tasse sul reddito o la possibilità di offrire deduzioni fiscali ai donatori. Dal 1° gennaio 2022 , sempre in base alla Riforma del Terzo Settore, le associazioni sono assoggettate al regime Iva , anche se non svolgono alcuna attività commerciale. Tuttavia, si tratta di un cambiamento più formale che sostanziale, in quanto si parla di regime di esenzione (anziché esclusione). L’unico cambiamento concreto consiste nella tenuta della contabilità . Ma quali sono le associazioni no profit in Italia? Andiamo a vedere le più importanti.

Associazioni non profit elenco

Vediamo ora un elenco delle più importanti e interessanti associazioni non profit attive sul territorio. Esistono moltissime tipologie di associazioni, che si occupano di attività culturali, sociali e ambientali, qualità della vita nei Paesi in via di sviluppo e nelle aree degradate, e molto altro ancora.

Associazione CAF Milano per la cura dei minori

Dal 1979, CAF accoglie bambini e ragazzi allontanati dalle proprie famiglie a causa di abusi e gravi maltrattamenti . L’obiettivo è spezzare la catena che spesso trasforma i minori vittime di violenza in adulti a loro volta violenti. Le comunità residenziali e i centri diurni per bambini e ragazzi sono gestite da una squadra di educatori, psicologi e medici in grado di realizzare percorsi psico-educativi personalizzati . L’associazione ha inoltre sviluppato servizi specifici di prevenzione degli abusi infantili e interventi di supporto alle famiglie dei minori accolti. Nonché un servizio di affido per tutelare e accompagnare il minore nella fase di transizione dalla famiglia di origine alla famiglia affidataria.

#RUNFOREMMA…& friends è il progetto di un gruppo di amici che correndo insieme ha scoperto la ricchezza della solidarietà e sposato la filosofia del Correre Solidale . Grazie al Charity Program della Milano Marathon 2016 e 2017 Runforemma and friends ha raccolto oltre € 100.000 aiutando due splendidi bambini, Emma e Gabriele. Quest’anno il team fucsia torna a correre e questa volta per i tantissimi bambini affetti da SMA e per le loro famiglie assistiti dal SAPRE e lo fa con un alleato d’eccezione: Famiglie Sma onlus .

Associazione L.V.I.A.

LVIA – Associazione Internazionale Volontari Laici – è un’associazione di cooperazione internazionale che si impegna per combattere la povertà estrema . Promuove uno sviluppo equo e sostenibile tramite il dialogo tra comunità italiane ed africane . LVIA opera in 10 Paesi africani e in Italia da oltre 50 anni collaborando con enti locali e internazionali. L’associazione garantisce acqua, cibo e salute, incentivando l’ agricoltura familiare , la piccola imprenditoria e una corretta gestione delle risorse naturali . In Italia realizza percorsi d’inclusione in contesti problematici e promuove attività di cooperazione internazionale.

LILT Milano Monza Brianza

La Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori – LILT – è un ente pubblico su base associativa che opera senza fini di lucro per diffondere la cultura della prevenzione . L’associazione promuove stili e abitudini di vita sani e procedure accelerate di diagnosi sempre più precoci . Si occupa della cura del malato, degli aspetti riabilitativi e dei familiari. Inoltre, assegna borse di studio e finanziamenti di progetti di ricerca . LILT dispone di 400 ambulatori dislocati su tutto il territorio nazionale e una fitta rete di volontari al servizio della comunità. Le 106 Associazioni Provinciali lavorano sui territori per portare avanti le stesse attività.

VIDAS è un’associazione che offre assistenza sociosanitaria completa e gratuita ai malati inguaribili e ai loro familiari. In quasi 40 anni di attività ha assistito oltre 39mila persone a Milano , Monza e nell’hinterland. Il servizio è attivo 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, ed è coordinato da équipe multidisciplinari composte da volontari e da operatori sociosanitari specializzati. Nel 2015 VIDAS ha creato la prima équipe pediatrica di cure palliative domiciliari per l’assistenza a bambini e adolescenti affetti da malattie inguaribili. Mentre nel 2019 è stata inaugurata Casa Sollievo Bimbi , la prima struttura residenziale in Lombardia per le cure palliative pediatriche.

Croce Rossa Italiana

L’ Associazione Croce Rossa Italiana , parte del Movimento Internazionale della Croce Rossa, si occupa di assistenza sanitaria e sociale sia in tempo di pace che durante i conflitti. E’ nata con l’obiettivo di portare soccorso a tutti i feriti senza discriminazioni , e oggi opera per prevenire e curare le sofferenze degli uomini in ogni circostanza, nel rispetto assoluto della persona. Con il supporto fondamentale di 150mila volontari , si occupa concretamente di tutela e protezione della salute, supporto e inclusione sociale, risposta ad emergenze e disastri, diffusione dei valori umanitari e della cooperazione internazionale.

Rotary International

Il Rotary International è una rete mondiale di 1,2 milioni di persone che credono nel cambiamento e nella forza della comunità. Da oltre 110 anni, i soci del Rotary realizzano progetti sostenibili, dall’alfabetizzazione all’accesso all’acqua per tutti. Il Rotary opera per promuovere la pace , combattere le malattie , fornire acqua e servizi igienici, proteggere madri e bambini , sostenere l’ istruzione , sviluppare le economie locali . Tra le campagne attive che necessitano del sostegno dei donatori, ricordiamo quella per l’eradicazione della poliomielite .

ASF Associazione Sinergia Femminile

L’ Associazione Sinergia Femminile si occupa di assistenza e sostegno a tutte le attività legate alla ricerca, alla diagnosi e alla cura del tumore al seno . L’obiettivo dell’associazione è aumentare il livello di sensibilizzazione sul tema anche da parte delle istituzioni , a livello legislativo e culturale, in modo da ridurre la distanza con le persone che vivono in prima persona la malattia. ASF promuove inoltre l’organizzazione di convegni e l’aggiornamento di specialisti nel campo dell’oncologia.

Sostieni il Sostegno ONLUS

Sostieni il Sostegno Onlus per l’accoglienza è un’associazione che valorizza, tutela e divulga la cultura dell’accoglienza. Ispirandosi all’esperienza cristiana, promuove l’inclusione e il sostegno delle categorie più fragili , come i minori con disabilità o difficoltà di apprendimento , supportando le famiglie nella scelta del percorso scolastico più adeguato. In Lombardia è attivo un bando volto a sostenere la realizzazione di progetti rivolti a tutte le famiglie con minori che soffrono di disagi.

Organizzazioni non profit elenco

Esistono poi numerose organizzazioni non profit, che non sono però associazioni. La Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro è un ente privato senza fini di lucro nato su iniziativa di alcuni ricercatori dell’Istituto dei tumori di Milano, fra i quali Umberto Veronesi , nel 1965. AIRC raccoglie fondi per finanziare progetti di ricerca oncologici presso laboratori universitari, ospedali e istituti scientifici. FAST ITALIA (Foundation for Angelman Syndrome Therapeutics) raccoglie fondi da devolvere alla ricerca sulla Sindrome di Angelman , mentre Beat the beat sostiene la ricerca sulla Cardiomiopatia Aritmogena del Ventricolo Destro (ARVD/C), una malattia genetica ereditaria che colpisce un giovane su 5000.

Mus-e Italia Onlus

Mus-e ha un sogno: quello di poter regalare a tutti i bambini d’Italia, soprattutto quelli che vivono in contesti più fragili , la Bellezza e la Creatività.  Dal 1999 lo fa portando i suoi artisti in quasi 600 classi in tutta Italia, coinvolgendo oltre 12.800 bambini in percorsi di musica, danza, teatro, canto , arti visive e multimediali. L’obiettivo ora è di  poter portare Mus-e ad ancora più bambini, in tutta Italia, arrivando là dove ci sono meno proposte culturali , dove l’inclusione è più difficile, dove la cultura non riesce a illuminare le giornate.

Elisa Rosso

A proposito di Elisa Rosso

Laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso Università di Torino, lavora da sempre nel non profit e nel sociale con un significativa esperienza nel settore raccolta fondi di grandi e piccole ONP (Amnesty International e NutriAid). Nell’autunno 2016 approda in Rete del Dono, dove si occupa di dare assistenza e consulenza alle ONP e alle Fondazioni per la promozione dei loro progetti e l'ottimizzazione delle campagne di raccolta fondi.

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Attività commerciali negli enti no profit: come comportarsi?

Attività commerciali negli enti no profit: come comportarsi?

Le organizzazioni senza scopo di lucro, tra cui le associazioni, hanno la possibilità di esercitare attività commerciali, ovvero quelle generalmente associate alle aziende, e per le quali si applicano le leggi fiscali riguardanti tutti i profitti aziendali. Infatti, essere formalmente riconosciuti come un’associazione non esonera automaticamente da dover rispondere ai requisiti fiscali associati alle attività commerciali.

Attività commerciale e associazioni no profit. Guida completa alla comprensione e alla gestione delle attività commerciale degli ETS.

Un’attività commerciale è definita come un servizio a pagamento per i membri che non rientra nelle finalità delineate dallo statuto dell’organizzazione ( ad esempio, un’associazione musicale che organizza un corso di cucina ), tutti i servizi a pagamento offerti a non membri, i proventi derivanti da sponsorizzazioni o pubblicità, e tutte le attività svolte tramite un’organizzazione di tipo imprenditoriale. Sono considerate commerciali per definizione, indipendentemente dal destinatario (membro o non), le attività come: vendita di prodotti nuovi, fornitura di pasti, alloggio, trasporto e deposito, gestione di mense e spacci, organizzazione di viaggi e vacanze, fiere e mostre a carattere commerciale, pubblicità commerciali, produzione di beni o servizi.

Definizione di attività commerciale.

Sono considerate attività commerciali, escluse dal regime di esenzione fiscale per le attività non commerciali, tutte le attività a pagamento svolte verso i membri che non siano relative alla realizzazione degli scopi associativi (ad esempio, un’associazione gastronomica che organizza corsi di informatica), tutte le attività a pagamento svolte verso terzi non membri, i proventi da pubblicità o sponsorizzazioni, tutti i proventi (indipendentemente se ricevuti da membri o non) relativi alla vendita di beni nuovi, fornitura di pasti, servizio di trasporto e alloggio, organizzazione di viaggi e produzione di beni.

Come si presenta l’attività commerciale svolta da un’ETS?

Relativamente all’attività commerciale, si possono individuare due scenari:

  • L’associazione svolge attività commerciale marginalmente, per completare l’attività rivolta ai membri. In tal caso, l’attività commerciale non è tra le finalità dell’associazione e non esaurisce le sue operazioni. In questa situazione, l’associazione resta un’entità non commerciale. È però cruciale che i guadagni generati dall’attività commerciale non siano mai superiori a quelli derivanti dall’attività istituzionale verso i membri. Per tali attività sarà comunque necessario mantenere una corretta contabilità, e nel caso di attività commerciale non sporadica, sarà necessario aprire un numero di Partita IVA. Inoltre, è richiesta la separazione tra contabilità dell’attività commerciale e quella non commerciale. Il trattamento fiscale di questi proventi seguirà il regime fiscale di favore stabilito dalla legge 16 dicembre 1991, n. 389, valido per le organizzazioni che hanno guadagnato da attività commerciali non più di 400.000,00 euro per anno fiscale.
  • L’associazione svolge abitualmente attività commerciali professionalmente, e i profitti di tali attività superano quelli derivati dall’attività rivolta ai membri. In questo caso, l’associazione perde la caratteristica della non commercialità e viene considerata, ai fini fiscali, un’impresa in tutto e per tutto. Tutte le sue attività sono soggette al regime fiscale aziendale, con l’obbligo di tenere le registrazioni contabili ordinarie e di preparare il bilancio ordinario.

In linea di massima, l’organizzazione perde la sua classificazione di non commerciale se esercita prevalentemente attività commerciali per un intero anno fiscale.

Quali sono i presupposti per far perdere la classificazione di non commerciale di un’Associazione?

I criteri indicativi per la perdita della classificazione di attività non commerciale a carico di un Associazione sono:

  • Preponderanza degli immobilizzati inerenti all’attività commerciale rispetto alle altre attività.
  • Superiorità dei ricavi commerciali rispetto al valore delle cessioni e delle prestazioni riguardanti l’attività istituzionale verso i membri.
  • Superiorità dei profitti derivanti dall’attività commerciale rispetto alle entrate istituzionali.
  • Superiorità delle spese negative relative all’attività commerciale rispetto alle altre spese.

Quali associazioni possono esercitare, senza rischi, un’attività commerciale?

L’unica eccezione a queste regole riguarda le associazioni sportive dilettantistiche, che possono esercitare attività commerciali anche in modo prevalente. Esiste inoltre la disciplina fiscale speciale delle ONLUS che possono svolgere solo le attività di utilità sociale previste dal d.lgs. 1997 n.470. In questo contesto, possono essere svolte delle attività connesse, ovvero complementari alle attività principali svolte dalla ONLUS, di solito fatte per finanziare l’organizzazione.

L’esercizio delle attività connesse è consentito a patto che, in ciascun esercizio e nell’ambito di ciascuno dei settori elencati, le stesse non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali, e che i relativi profitti non superino il 66 per cento delle spese totali dell’organizzazione. Diversamente, l’organizzazione perde la qualifica di ONLUS e i relativi benefici fiscali.

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Scritto da: mauro melis.

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business plan per associazioni no profit

< Home » Home Page » Servizi » Commercialista per associazioni culturali: tutto sugli enti no profit

Commercialista per associazioni culturali: tutto sugli enti no profit

Indice dei contenuti.

Scopri perché è importante un commercialista per un’associazione culturale e cosa può fare per le attività senza scopo di lucro.

Commercialista per associazioni culturali ed enti no profit

Vuoi sapere perché è utile un commercialista per un’associazione culturale?

Hai un’associazione senza scopo di luvro e hai bisogno di un commercialista o vuoi sapere in cosa può aiutarti?

In questo articolo troverai tutto quello che un commercialista può fare per un ente no profit.

Associazione culturale: facciamo chiarezza

Prima di capire in cosa può essere utile un commercialista ad un’associazione culturale, facciamo chiarezza su cosa sono e come guadagnano.

Come già saprai, un’associazione o ente non a scopo di lucro è un’organizzazione che, per definizione, non ha come finalità la realizzazione di profitti.

Ogni forma di guadagno generato, che siano donazioni o proventi derivanti da attività commerciali, sono totalmente reinvestiti e utilizzati per gli scopi organizzativi dell’azienda stessa.

Le associazioni possono ottenere fondi da:

  • Donazioni di singoli donatori o fondazioni
  • Finanziamenti governativi
  • Investimenti
  • Sponsorizzazioni di società
  • Vendita di prodotti e servizi

Molto spesso le associazioni no profit hanno un’attività commerciale i cui guadagni sono destinati a terzi ed utilizzati solo a fini sociali. È importante sottolineare che tali proventi non sono distribuiti tra i soci dell’organizzazione ma usati in base all’obiettivo base dell’ente.

Detto questo, perché un’associazione no profit dovrebbe usare un commercialista? Scopriamolo insieme.

Commercialista per associazioni no profit: quando è utile?

In Italia esistono vari tipi di associazioni no profit e tutte devono gestire la propria contabilità.

In base al tipo di attività svolte dall’ente no profit, però, il commercialista può essere più o meno utile. La differenza principale tra gli enti riguarda la presenza o meno di attività commerciali.

Vediamo insieme la differenza.

Nel caso degli enti che svolgono solo un’attività istituzionale con i soci e che, quindi, non svolgono alcuna attività commerciale, gli obblighi fiscali sono davvero esigui. In questo caso, bisogna redigere soltanto un bilancio di fine anno e tenere fogli di cassa periodici da depositare presso la sede legale.

Se, invece, un’associazione no profit svolge un’attività commerciale, dovrà gestire varie incombenze fiscali e avrà bisogno di un commercialista.

Ma cosa può fare un commercialista per la tua attività no profit? Continua a leggere per scoprirlo.

Commercialista per attività senza scopo di lucro: cosa può fare

Se hai un’associazione culturale, sono tanti i motivi per chiedere una consulenza commercialista.

Per prima cosa, un commercialista può essere utile per accedere ad aiuti, sgravi e finanziamenti destinati agli enti no profit in base al loro regime fiscale di favore.

Nella fase iniziale dell’azienda, un commercialista è utile per aiutarti a definire la veste giuridica dell’azienda e tutti gli adempimenti amministrativi per l’avvio dell’attività no profit come analisi di fattibilità, redazione del business plan, definizione dei rapporti tra soci e gestione delle pratiche amministrative.

In un’azienda avviata si può richiedere un servizio di consulenza e programmazione gestionale come gestione delle scadenze periodiche, apertura della partita iva e dichiarazione dell’Iva, Irap e modello unico.

Il commercialista può occuparsi anche della contabilità di associazioni senza scopo di lucro, gestione di compensi occasionali e della compilazione e invio del modello 770.

Per quanto riguarda i servizi fiscali, un commercialista può occuparsi di: tenuta della contabilità e dei libri contabili e fiscali, gestione fiscale di circoli e club (negli enti no profit sportivi), dei contratti di sponsorizzazione e pubblicità.

Se hai un’associazione culturale, dunque, non puoi fare a meno di scegliere il perfetto consulente per enti no profit sul territorio a cui fare affidamento.

È importante affidarsi ad un professionista adatto alla tua attività, in grado di trovare soluzioni adatte al tipo di associazione senza scopo di lucro che gestisci.

Per ricevere la CONSULENZA di un commercialista esperto in associazioni culturali del nostro team, chiama subito il 345 9478660 .

Fisseremo subito un colloquio telefonico o in videochiamata entro 24 ore per comprendere insieme a te quali sono le esigenze della tua associazione culturale, come potremmo esserti utili e semplificare ogni tua esigenza fiscale e amministrativa.

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Enti no profit: cosa sono e come funzionano?

Cosa sono gli enti no profit e quali regole disciplinano il loro funzionamento? Vediamolo insieme anche alla luce della riforma del terzo settore

Oggi si sente molto parlare di no profit e terzo settore . Ma non tutti hanno ben chiaro cosa siano le associazioni non profit , come operino e secondo quali regole funzionino. Cerchiamo di capirlo insieme partendo dal significato letterale dell’espressione non profit .

Cosa vuol dire l’espressione non profit?

L’espressione non profit è una locuzione di origine angloamericana, dove la negazione “ non ” unita al sostantivo “ profit ” è stata utilizzata per indicare quelle organizzazioni che operano senza scopo di lucro e, dunque, di profitto.

Le organizzazioni non profit , infatti, sono parte del cosiddetto Terzo settore (terzo perché si colloca tra lo Stato e il mercato) e si caratterizzano per avere come obiettivo il bene comune . Con il termine no profit si indicano le attività svolte non professionalmente e senza scopo di lucro , che quindi perseguono un fine diverso dal profitto. In realtà, per essere precisi, le associazioni non profit possono svolgere attività a pagamento e possono conseguire profitti, ma non possono dividerli tra i soci (a differenza di quanto avviene nelle società commerciali). I soldi incassati dall’ente no profit vengono accantonati e riutilizzati dallo stesso per finanziare le sue attività e raggiungere i suoi scopi statutari .

Enti no profit: quale forma giuridica assumono?

Da un punto di vista giuridico, gli enti no profit possono essere strutturati in diverse forme, quali ad esempio:

  • associazioni riconosciute;
  • associazioni non riconosciute;
  • fondazioni;
  • organizzazioni di volontariato;
  • cooperative sociali;
  • organizzazioni non governative;
  • associazioni di promozione sociale;
  • associazioni sportive dilettantistiche;
  • imprese sociali;

Da un punto di vista fiscale, invece, gli enti no profit possono assumere una delle seguenti vesti:

  • ente non commerciale : vi rientrano la maggior parte degli enti no profit, ossia quelli che non svolgono in modo esclusivo o prevalente un’attività di ordine commerciale;
  • ente commerciale : qualora l’ente non lucrativo svolga prevalentemente un’attività di natura commerciale;
  • onlus : specifica qualifica fiscale ottenibile solo dall’associazione in possesso dei requisiti previsti dalla legge [1] .

Enti no profit: ecco il Codice del Terzo settore

La disciplina degli enti no profit , con l’adozione del Codice del Terzo settore [2] trova finalmente specifica e dettagliata disciplina. Era da almeno 20 anni che non veniva approvata una normativa così importante nell’ambito del Terzo settore e che potenzialmente interesserà tutte le associazioni.

L’adozione del Codice del Terzo settore e dei decreti attuativi nell’estate del 2017, però, non ha portato la disciplina alla sua piena operatività per diversi ordini di ragioni. In primo luogo perché i decreti attuativi a loro volta rimandano ad ulteriori decreti – circa quaranta – da approvarsi da parte dei singoli ministeri. Poi perché le disposizioni e gli incentivi fiscali che comportano benefici a vantaggio degli enti del Terzo settore potranno entrare in vigore solo dopo che la Commissione Europea avrà dato atto che essi non costituiscono un fenomeno distorsivo della concorrenza e quindi ad oggi non sono operativi.

In ogni caso la nuova disciplina sostituisce tutte le vecchie normative del settore, raggruppando in un solo testo tutte le tipologie di quelli che da ora in poi si dovranno chiamare Enti del Terzo settore . Saranno 7 le nuove tipologie di enti :

  • organizzazioni di volontariato ;
  • imprese sociali ;
  • enti filantropici;
  • reti associative;
  • società di mutuo soccorso ;
  • altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società).

È prevista la nascita del Registro unico nazionale del Terzo settore (detto Runts) che andrà a riunire e sostituire gli oltre 300 registri ed elenchi oggi esistenti. Gli Enti del Terzo settore , con l’iscrizione al registro, saranno tenuti al rispetto di vari obblighi riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, i rapporti di lavoro e i relativi stipendi, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili. Ma potranno accedere anche a una serie di esenzioni e vantaggi economici previsti dalla riforma come ad esempio incentivi fiscali maggiorati per le associazioni, per i donatori e per gli investitori nelle imprese sociali.

La nuova disciplina amplia anche la platea dei destinatari del beneficio del 5Xmille , estendendola a tutti gli enti del terzo settore iscritti nel Registro unico nazionale, con la previsione di meccanismi di trasparenza che rendano conto ai cittadini di come gli enti impiegheranno le risorse ricevute.

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[1] D.Lgs. n. 460/1997.

[2] D. Lgs. n. 117/2017.

  • associazioni no profit
  • enti no profit
  • enti non commerciali
  • senza scopo di lucro
  • terzo settore

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Commercialista per ente no profit e per onlus, quando inizia l’attività della tua onlus ….

Vuoi attivarti nel sociale e ti serve il commercialista per un ente no profit? Desideri dare vita a un Ente no profit o a una Onlus? Ti aiuteremo a scegliere il “vestito giuridico” appropriato per il tuo progetto , occupandoci di tutti gli adempimenti necessari per l’avvio dello scopo sociale: dall’analisi di fattibilità alla predisposizione dello statuto, alla definizione dei rapporti fra i soci e al completamento delle pratiche amministrative conseguenti.

Ci occupiamo, con passione e competenze approfondite , di Associazioni riconosciute e non, Enti no profit, Onlus, Organizzazioni di Volontariato, Cooperative Sociali, C.R.A.L., Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche e Associazioni di Promozione Sociale , analizzando le varie leggi specifiche destinate a regolare il Terzo Settore e tutto il mondo non profit.

Quando l’attività è avviata…

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Offriamo alle Associazioni no profit e alle Onlus sia un servizio completo di tenuta della contabilità generale , che una consulenza sulle registrazioni extra contabili per gli enti che operano al loro interno, grazie a professionisti dedicati che ti affiancheranno fino all’elaborazione e alla redazione del bilancio di esercizio o del rendiconto economico-finanziario.

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Eseguiamo la predisposizione delle dichiarazioni fiscali, dell’Associazione no profit o della Onlus , con la massima accuratezza e competenza, analizzando ogni singola fattispecie, per sfruttare le possibilità offerte dalla normativa fiscale massimizzando i tuoi benefici.

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Ti assistiamo nei rapporti dell’Ente no profit o della Onlus con gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria , sia per prevenire l´insorgere di controversie, sia per la gestione e la migliore soluzione delle stesse.

Curiamo, altresì, il patrocinio delle controversie avanti le competenti Commissioni Tributarie, studiando la strategia difensiva più adatta alla singola fattispecie.

E ora una nota di interesse più generale: conosci le differenze tra Ente no profit (o non profit) e Onlus?

L’Ente no profit è costituito da persone che decidono di collaborare insieme avendo uno scopo comune . La dicitura no-profit deriva dall’unione di “ non ” con “ profit ” e si utilizza per indicare le organizzazioni che operano senza scopo di lucro, cioè senza l’obiettivo del profitto.

Questo non significa che l’ente non generi frutti economici: può produrre un attivo ma la differenza sostanziale è che questo guadagno non si traduce in profitto, cioè non viene distribuito tra gli associati .

I soldi ricavati vengono messi da parte e reinvestiti per finanziare le attività dello stesso ente, per raggiungere i suoi obiettivi primari.

L’ONLUS, Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale, svolge attività senza scopo di lucro , ma all’interno della categoria No Profit, l’ONLUS si differenzia dagli altri Enti per i destinatari dell’attività svolta , che sono terzi e non i soci o gli iscritti dell’Associazione stessa.

Un Ente No Profit, per essere riconosciuto come ONLUS deve rispondere a determinati requisiti, come previsto dall’art. 10 del d. lgs. 460/97:

  • Deve perseguire uno di questi scopi : assistenza sociale e socio sanitaria; assistenza sanitaria; beneficenza; istruzione; formazione; sport dilettantistico; tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico; tutela e valorizzazione dell’ambiente; promozione della cultura e dell’arte; tutela dei diritti civili; ricerca scientifica di particolare interesse.
  • Deve costituirsi mediante Statuto o Atto Costitutivo , utilizzando la forma della scrittura privata autenticata o certificata o dell’atto pubblico.
  • Deve iscriversi nell’apposita “Anagrafe unica delle ONLUS” istituita presso il Ministero delle Finanze e, a seguito dell’esito positivo della registrazione, l’Associazione godrà di una serie di privilegi e agevolazioni di natura fiscale.

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Gli obblighi fiscali delle associazioni non profit

Nel mondo sempre più dinamico e competitivo delle associazioni no profit, comprendere e adempiere agli obblighi fiscali rappresenta una pietra miliare per garantire non solo la conformità con le normative vigenti ma anche la sostenibilità e la crescita futura dell’organizzazione.

Mentre queste entità operano su principi di non lucratività , ciò non le esenta dall’osservanza di specifiche disposizioni fiscali che, se trascurate, possono tradursi in sanzioni e in una minore efficienza nell’impiego delle risorse disponibili.

L’articolo si propone di navigare attraverso la complessità degli obblighi fiscali delle associazioni no profit, offrendo una guida chiara su come rimanere in regola, ottimizzare la gestione delle tasse e, di conseguenza, massimizzare i benefici e le opportunità disponibili per queste importanti realtà del tessuto sociale ed economico.

Gli Obblighi Fiscali di Base per le Associazioni No Profit

Le associazioni no profit si trovano ad affrontare una serie di obblighi fiscali che sono fondamentali per mantenere il loro status di entità esente da fini di lucro.

Primo fra tutti, è essenziale che queste organizzazioni mantengano una chiara separazione tra le attività commerciali, se presenti, e quelle no profit, al fine di preservare i benefici fiscali concessi dalla legge. La tenuta di una contabilità accurata e trasparente è un altro pilastro su cui si fonda la corretta gestione fiscale, permettendo di documentare in modo inequivocabile la destinazione degli introiti e delle spese.

Un obbligo imprescindibile riguarda la presentazione della dichiarazione dei redditi annuale , attraverso cui l’associazione rende conto delle operazioni economiche effettuate, distinguendo tra entrate legate alle attività istituzionali, esenti da imposte, e quelle derivanti da eventuali attività commerciali, soggette a tassazione.

È importante notare che, sebbene le associazioni no profit godano di specifici regimi fiscali agevolati, esse sono tenute al pagamento dell’IVA, dell’IRAP e, in certi casi, dell’imposta sui redditi, in relazione alle attività commerciali svolte .

Infine, non va trascurata la necessità di adempiere agli obblighi contributivi e previdenziali per i dipendenti, inclusi i versamenti delle ritenute alla fonte e i contributi sociali, che rappresentano aspetti cruciali della gestione fiscale responsabile di un’associazione no profit.

I Vantaggi Fiscali Specifici per le Associazioni No Profit

Nel dettaglio, le associazioni no profit possono accedere a una serie di vantaggi fiscali che mirano a supportare la loro attività e missione sociale. Tra questi, spiccano le esenzioni IVA su determinate operazioni, i regimi fiscali agevolati per le donazioni ricevute e la possibilità di applicare l’aliquota ridotta per l’Imposta sulle Società (IRES) sulle entrate derivanti da attività commerciali non principali, purché reinvestite a supporto degli obiettivi no profit dell’ente.

Un aspetto fondamentale è la legge sul mecenatismo , che prevede detrazioni o deduzioni fiscali per gli individui o le aziende che effettuano donazioni a favore delle associazioni no profit. Questo incentivo non solo favorisce l’ingresso di risorse finanziarie nell’organizzazione ma stimola anche una cultura del sostegno alla comunità e al terzo settore.

Per quanto riguarda l’IVA, le associazioni no profit possono beneficiare di esenzioni specifiche per le attività di particolare rilevanza sociale, educativa, culturale e sportiva.

Tali esenzioni sono pensate per alleggerire il carico fiscale sulle operazioni direttamente connesse alla realizzazione degli scopi statutari, promuovendo così le iniziative di interesse generale.

Importante è anche la gestione delle imposte sui redditi derivanti da eventuali attività commerciali. Le associazioni no profit che mantengono tali attività in una misura limitata e ben integrata nella loro missione possono beneficiare di regimi fiscali agevolati, a condizione che i profitti siano interamente reinvestiti a sostegno delle attività istituzionali.

La conoscenza approfondita di questi vantaggi fiscali, unita a una gestione oculata e proattiva, permette alle associazioni no profit di massimizzare le loro risorse a favore della comunità, rafforzando al contempo la loro sostenibilità finanziaria e operativa.

Affrontare le Sfide e le Novità Normative

Nell’ambito fiscale, le associazioni no profit devono stare al passo con le continue evoluzioni legislative che possono influenzare direttamente i loro obblighi e i vantaggi fiscali.

Questa necessità si traduce in una sfida costante ma essenziale per mantenere la conformità e sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla legge. La vigilanza normativa, pertanto, diventa un aspetto cruciale della gestione fiscale, richiedendo un aggiornamento continuo e una capacità di interpretazione delle nuove disposizioni.

Una strategia efficace per navigare in questo panorama in costante cambiamento include la formazione di un team interno o la collaborazione con consulenti esterni specializzati in materia fiscale e legale per le no profit. Questi professionisti possono offrire una guida preziosa nella decifrazione delle complessità normative, assicurando che l’ associazione non solo eviti penalità per mancata conformità ma anche ottimizzi la propria posizione fiscale in base alle ultime leggi.

Inoltre, l ‘adozione di tecnologie dedicate alla gestione contabile e fiscale può rappresentare un fattore di successo per le associazioni no profit.

Software specifici per il settore possono automatizzare molti degli adempimenti fiscali, riducendo il rischio di errori e permettendo un monitoraggio costante della situazione finanziaria e fiscale dell’ente.

Infine, è fondamentale per le associazioni no profit coltivare una cultura della trasparenza e della responsabilità. La comunicazione chiara e onesta riguardo la gestione delle finanze e l’adempimento degli obblighi fiscali non solo rafforza la fiducia dei donatori, dei volontari e della comunità ma anche garantisce un rapporto solido con le autorità fiscali.

La capacità di adattarsi alle novità normative e di affrontare le sfide con preparazione e proattività è dunque un pilastro fondamentale per la sostenibilità a lungo termine delle associazioni no profit, permettendo loro di concentrarsi sul raggiungimento dei loro obiettivi sociali con la certezza di operare in piena conformità fiscale.

Concludendo questa panoramica sugli obblighi fiscali delle associazioni no profit e le strategie per una gestione ottimale, è importante ricordare l’importanza di rimanere informati e proattivi in questo ambito. La fiscalità, pur rappresentando una sfida, offre anche numerose opportunità per le organizzazioni che sanno navigarla con saggezza.

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Dott.ssa Sara Marroni

Ho conseguito la laurea in Economia e Management presso l'Università di Roma Tor Vergata. La scelta del curriculum Professione e Lavoro mi ha consentito di intraprendere un percorso accademico che prevede lo studio della contabilità nazionale ed internazionale, secondo i principi civilistici, OIC e IAS/IFRS, ma anche del diritto tributario, fallimentare e del lavoro.

La mia passione per l'economia e il diritto si affianca a quella per le lingue straniere, che da sempre mi accompagna. Mi sono infatti diplomata presso il Liceo Linguistico James Joyce, scegliendo un curriculum che mi consentisse di focalizzarmi sullo studio della lingua inglese, francese e tedesca, nelle quali ho raggiunto un livello avanzato. Negli anni del liceo ho inoltre seguito corsi di lingua cinese ed araba, nelle quali ho raggiunto rispettivamente un livello intermedio e base.

Profilo completo e Articoli Dott.ssa Sara Marroni

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Periodico telematico Reg. Tribunale di Velletri n. 11/2018

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Direttore responsabile: Dott. Alessio Ferretti

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Associazione Non Profit: Cos’è e Come Crearla

L' associazione non profit è un ente senza scopo di lucro. Vediamo cos'è, quali sono le sue caratteristiche, quali tipologie esistono e come costituirla.

Cos'è un'associazione non profit

L' associazione senza scopo di lucro , non profit in inglese, è un ente non commerciale composto da 3 o più persone che si organizzano per il raggiungimento di scopi di natura ideale, solidale o di utilità sociale (culturali, ricreativi, sociali, ambientali, assistenziali, sportivi, etc.). Sono associazioni anche i circoli o i club , i partiti politici, i sindacati e alcuni enti religiosi.

L'associazione ha le seguenti caratteristiche :

  • scopo ideale conforme all'ordine pubblico e al buon costume
  • senza scopo di lucro
  • parità di diritti e di doveri degli associati
  • libertà di adesione dei nuovi associati
  • libera eleggibilità degli organi amministrativi
  • divieto di distribuire utili o avanzi di gestione
  • obbligo di devolvere il patrimonio ad altro ente con finalità analoghe in caso di scioglimento dell'ente
  • obbligo di rendicontazione annuale.

associazione

Cosa significa "senza scopo di lucro"

Una delle caratteristiche principali delle associazioni è l'assenza di scopo di lucro . Questo significa che la sua attività prevalente deve consistere in un'attività di natura non commerciale per evitare che si applichi il regime fiscale e contabile delle società.

Questo non vuol dire che l'ente non possa svolgere attività commerciale (ad esempio, produzione o vendita di beni o servizi). Tale attività però non deve avere carattere esclusivo e prevalente rispetto a quella istituzionale, ma deve essere strumentale al reperimento dei fondi necessari per il raggiungimento degli scopi associativi. Ad esempio, l'associazione che si occupa di beneficienza ai senza tetto, potrà vendere magliette e gadget per raccogliere fondi. Se l'attività commerciale è svolta abitualmente sarà necessario aprire una p. IVA. Viceversa, se questa attività è puramente occasionale (es. unico evento annuale con piccola vendita di gadget) non sarà necessario aprirla.

Tipologie di associazioni

Innanzitutto si distinguono due grandi categorie :

  • associazioni riconosciute : sono quelle che devono essere costituite dal notaio per ottenere il riconoscimento di persona giuridica. Ciò comporta che i creditori possono rivalersi solo sul patrimonio dell'ente e non su quello degli associati. Per la loro costituzione è necessario il notaio e il capitale minimo dovrà essere di almeno €15.000 (un importo maggiore può essere richiesto a seconda del tipo di associazione e della regione di appartenenza)
  • associazioni non riconosciute : sono quelle che non hanno richiesto o avuto il riconoscimento di persone giuridiche. Ciò significa che gli amministratori rispondono con il loro patrimonio personale se quello dell'ente è insufficiente. Per la loro costituzione non è necessario il notaio, ma è sufficiente che i soci firmino l'atto costitutivo e lo statuto. Non è richiesto il versamento di capitale minimo.

Inoltre, a seconda dell' ambito di operatività , le non profit si distinguono in diverse tipologie :

  • Associazione Culturale : ha lo scopo di promuovere attività culturali, quali, ad esempio, istruzione, ricerca, conservazione, tutela, valorizzazione di patrimoni artistici, storici, linguistici, enogastronomici, naturalistici, etc.
  • Associazione di Volontariato (denominata ODV): ha lo scopo di prevenire situazioni di emarginazione, disagio e bisogno socio-economico. L'attività viene svolta da volontari prevalentemente a favore di terzi in stato di bisogno e non nei confronti dei propri associati
  • Associazione di Promozione Sociale (denominata APS): ha lo scopo di innalzare il benessere e la qualità della vita dei propri associati, dei loro familiari o di terzi. L'attività è resa in modo prevalente verso i propri associati da volontari
  • Organizzazione non Lucrativa di Utilità Sociale (denominata  ONLUS ): persegue interessi solidaristici, quali la beneficienza, l'assistenza sociale, l'assistenza sanitaria, la formazione, la ricerca scientifica, la promozione della cultura e dell'arte, etc.
  • Associazione Sportiva Dilettantistica (denominata ASD): promuove  attività sportive dilettantistiche , comprese le attività didattiche, nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI che è stata oggetto di un'importante riforma dello sport
  • Ente del Terzo Settore ( ETS ): introdotto dalla recente  Riforma del Terzo Settore . Tutte le tipologie sopra esaminate possono diventare ETS iscrivendosi al Registro Unico Nazionale Terzo Settore (RUNTS).

Atto costitutivo e statuto

Lo  statuto e l'atto costitutivo dell'associazione sono i documenti necessari per poter costituire l'ente non profit e regolarne l'organizzazione e il suo funzionamento. In particolare:

  • l’ Atto Costitutivo è il documento che contiene le informazioni obbligatorie previste per legge (ad es. la denominazione, i dati degli associati fondatori, i dati degli amministratori etc.); 
  • lo Statuto disciplina, invece, il funzionamento dei suoi organi (le regole dell'organo amministrativo, dell'assemblea, etc.), dell'ammissione di nuovi associati, destinazione del patrimonio, etc.

Come costituire una non profit

Per costituire l'associazione, innanzitutto vanno generati lo statuto e l'atto costitutivo che dovranno essere sottoscritti dagli associati fondatori. Una volta costituita, si dovrà richiedere il codice fiscale all'Agenzia delle Entrate. Il codice fiscale è necessario per compiere le operazioni più importanti (es. aprire un conto corrente, acquistare beni, stipulare contratti).

Inoltre, per ottenere contributi pubblici e usufruire delle agevolazioni fiscali di settore si dovrà provvedere alla registrazione dell'associazione all'Agenzia delle Entrate entro 20 giorni dalla costituzione.

Se si svolgeranno abitualmente attività commerciali , ricordiamo che si avrà anche bisogno della p. IVA per associazione da richiedere sempre all'Agenzia delle Entrate.

Infine, le no profit che intendono usufruire delle agevolazioni fiscali dovranno trasmettere il modello EAS . Tale modello contiene i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali e va trasmesso all’Agenzia delle Entrate entro 60 giorni dalla costituzione.

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Imprenditore sociale – Dirigente di organizzazione no profit: chi è, cosa fa e percorso di studi

Non esiste un percorso standard per diventare un dirigente di organizzazione no profit: ecco però dei consigli per avvicinarsi alla carica

Redazione Studenti

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Imprenditore sociale – Dirigente di organizzazione no profit: chi è, cosa fa e percorso di studi

Come diventare un dirigente di organizzazione no profit

Chi è il dirigente di organizzazione no profit, cosa fa il dirigente di organizzazione no profit, le regole da seguire, il percorso di studi, come si diventa dirigente di organizzazione no profit, leggi altri contenuti sugli imprenditori sociali.

business plan per associazioni no profit

Quella dell’imprenditore sociale è una figura molto delicata. Si mira a raccogliere denaro da investire in attività benefiche , senza mire di guadagno. Al tempo stesso, però, si ha l’assoluta necessità di tenere in piedi un sistema che rischia di crollare proprio a causa dell’assenza del conseguimento di un utile.

Di seguito spieghiamo nel dettaglio le responsabilità di un dirigente di organizzazione no profit. Chi è questa figura, che percorso di studi ha seguito per ricoprire questa carica e in che cosa consiste il suo lavoro .

Volendo essere estremamente sintetici, un dirigente di organizzazione no profit ha il compito di gestire e coordinare tutte le attività nelle quale si cimenta la propria società. Nel dettaglio, si richiede a questa figura una costante partecipazione al processo di determinazione di quelli che sono gli obiettivi programmatici dell’organizzazione . Il tutto al fianco di un’assemblea, sia essa di soci o membri, e al consiglio direttivo.

Il tutto nel pieno rispetto dello statuto stilato , al quale dovrà sempre fare riferimento. Come detto, non si tratta di un’organizzazione a scopo di lucro, in grado di modificare il proprio approccio a un mercato di vario genere per accrescere i bilanci.

Enorme la sua responsabilità, dovendo contribuire a individuare i progetti da sviluppare , procedendo inoltre a elaborarli in alcuni casi. Pianifica con altri le attività quotidiane e le coordina. Al fianco di figure specializzate, inoltre, tenta di procurarsi le necessarie risorse finanziarie per continuare a seguire il proprio obiettivo sociale e umanitario.

Sotto quest’aspetto i metodi sono svariati, dalla partecipazione a dei bandi cittadini, regionali, privati o anche europei, alla raccolta fondi attraverso donazioni di soggetti privati interessati. Spazio poi anche alla gestione di attività commerciali. Queste sono consentite, a patto però che i proventi economici siano sfruttati unicamente per la copertura delle spese dell’organizzazione stessa o per fini stabiliti e ben chiariti pubblicamente.

Il dirigente deve inoltre occuparsi anche nel controllo sia della gestione che dell’amministrazione finanziaria dell’organizzazione no profit. Ciò vuol dire predisporre tutta la documentazione utile a redigere i bilanci . Non mancano, infine, un impegno costante con gli stakeholder e i partner, occupandosi di pubbliche relazioni al fine di generare una rete di associazioni ed enti, mantenendo rapporti istituzionale e sovrintendendo le campagne comunicative in fase di lancio.

Questa professione non è propriamente regolamentata . Non c’è un albo professionale che detti dei parametri entro i quali rientrare. Differente invece il discorso per l’organizzazione in sé. Una no profit, infatti, è disciplinata dalle normative sul Terzo Settore .

Un Decreto ha modificato negli ultimi anni il quadro legislativo per gli enti del settore. Introdotto il Registro Unico nazionale e la figura degli Enti del Terzo Settore. Le organizzazioni che intendono acquisire personalità giuridica, divenendo di fatto un Ente, devono iscriversi al Registro Unico .

Come detto, il dirigente di organizzazione no profit non può essere paragonato a un normale lavoro.

Ritrovarsi a occupare questa posizione è qualcosa di non convenzionale , si potrebbe dire. Ciò si traduce nell’assenza di un percorso formativo specifico. Non ci sono dei passi da compiere inseriti in uno schema ben strutturato.

Detto ciò, si richiede almeno il VI livello del Quadro Europeo delle Qualifiche. Ciò corrisponde al primo ciclo dei titoli accademici. Generalmente parlando, questa figura deve vantare una buona, se non ottima, conoscenza delle normative sul Terzo Settore . Lo stesso dicasi dei meccanismi finanziari. Nello specifico particolare esperienza dev’essere accumulata sul sistema dei bandi .

Con riferimento alle responsabilità indicate in precedenza, è facile comprendere come delle buone doti organizzative siano imprescindibili, così come ottime capacità relazionali. Quest’ultimo aspetto vale tanto per la gestione interna della no profit, quanto per le pubbliche relazioni e il confronto con le istituzioni governative. A seconda dello specifico campo in cui si opera, poi, si avrà bisogno di un ventaglio di attitudini specialistiche.

Semplificando, e di molto, si potrebbe ridurre a due i modi grazie ai quali raggiungere la dirigenza di una no profit. Il primo, e più lungo, prevede l’inizio di una collaborazione a degli specifici progetti . Il tutto in cambio di un rimborso o un’indennità (non un vero guadagno, insomma). Ciò può avvenire anche attraverso il Servizio Civile Universale.

In questo modo si avrà la chance di conoscere l’ambiente e farsi conoscere, lavorando dall’interno fino a rendersi indispensabile e ottenere delle promozioni, per così dire, considerando l’obiettivo di non monetizzazione.

La seconda strada da seguire, ben più rapida ma estremamente complessa, prevede la fondazione di una propria organizzazione no profit . Negli enti minori il dirigente è quasi sempre il fondatore.

Volendo tracciare il profilo tipico di questa figura “professionale”, non c’è un percorso di studi fisso. Tendenzialmente si tratta di soggetti in possesso di una laurea , anche se in campi differenti.

Molti di questi dirigenti hanno esperienza nel campo della dirigenza di aziende e organizzazioni . Il salto in questo ambito avviene quasi sempre in maniera graduale. Ha inizio una collaborazione in quanto dirigenti, portando avanti due vite professionali in parallelo, per poi effettuare il salto definitivo.

Com’è ormai chiaro, non esiste una procedura standard per ottenere il lavoro, ma possiamo fornire qualche indicazione:

  • Si consiglia di mettere piede nell’organizzazione dal basso, come volontario o magari creando un’iniziativa che necessiti del supporto della stessa. Nel giro di alcuni anni si potrebbe riuscire a “scalare posizioni”;
  • Inutile inviare curriculum ma, una volta dentro, per avere speranze dirigenziali è necessario che il CV sia di alto livello manageriale;
  • Di fondamentale importanza la coltivazione del proprio network personale. Occorre studiare l’ambiente di riferimento, generando la giusta rete di connessioni in grado di rendere possibili i progetti prefissati.
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  22. Gli obblighi fiscali delle associazioni non profit

    Nell'ambito fiscale, le associazioni no profit devono stare al passo con le continue evoluzioni legislative che possono influenzare direttamente i loro obblighi e i vantaggi fiscali. Questa necessità si traduce in una sfida costante ma essenziale per mantenere la conformità e sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla legge.

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